Contratti a progetto: sono tutti fuorilegge?

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Roma – I lavoratori con contratti a progetto sono 676 mila, hanno un reddito medio di 9.855 euro l’anno e sono sotto i 40 anni; il 35,1% ha un età inferiore ai trent’anni. Circa l’85%, ovvero 569 mila lavoratori, ha un solo committente e lavora, quindi, per una sola azienda con un reddito medio di 8.500 euro l’anno.

Questa è la fotografia realizzata dall’Isfol su elaborazione dei dati dell’Inps e pubblicata oggi. Il totale dei parasubordinati per il 2010 è composto da 1 milione e 422 mila lavoratori. Il 46%, come visto, è composto dai contratti a progetto, altri 500 mila sono amministratori e sindacai di società, con un’età media più elevata e con un reddito medio annuo di 31 mila euro. Un altro gruppo di parasubordinati è composto da una “entità” variegata fatta di collaborazioni occasionali, dottorati di ricerca, borse di studio, collaborazioni presso la Pubblica Amministrazione, e sono 270 mila lavoratori con un reddito medio di 11 mila euro l’anno.

Questi dati permettono una serie di riflessioni sulla natura reale di questi contratti di lavoro e il loro effettivo utilizzo nel mercato del lavoro italiano. Una premessa. Il contratto a progetto è uno strumento contrattuale pensato per il lavoro autonomo e per i liberi professionisti. Infatti, non a caso, non prevede nessun rapporto di subordinazione, vincoli di orario, l’utilizzo della sede e degli strumenti del datore e via dicendo. Inoltre, non prevede tutta una serie di contributi che sono tipici dei contratti di lavoro dipendente, ma solo un’aliquota contributiva vicina al 28 per cento della retribuzione. Quindi, la figura professionale tipo per questo contratto è un lavoratore autonomo che, tendenzialmente, lavora per più committenti. I dati riportati dall’Isfol, invece, fanno emergere una situazione molto diversa che pone diversi dubbi e interrogativi.

Quanti di questi contratti di lavoro sono “regolari” e quindi riguardanti un vero rapporto di lavoro autonomo, e quanti invece, in realtà mascherano un rapporto di lavoro subordinato? Nel rapporto Isfol si fa riferimento ad un indicatore che verifica il grado di subordinazione al quale è sottoposta la prestazione lavorativa dei lavoratori parasubordinati e quindi, in sostanza, ci dice se il contratto a progetto è legittimo o meno.

Questo indicatore evidenzia come oltre il 70% dei lavoratori è tenuto a garantire la presenza presso la sede di lavoro, il 67% ha concordato un orario giornaliero con il datore di lavoro e il 71% utilizza nello svolgimento delle prestazioni mezzi e strumenti del datore di lavoro. Inoltre, più del 70% dei collaboratori dichiara che la forma di contratto non deriva da una sua scelta ma da una richiesta del datore di lavoro. La conclusione del rapporto Isfol, e’ che questi dati segnalano la concreta possibilità che i contratti descritti nascondano in realtà forme di lavoro in qualche misura subordinato. Altri dati, dicono che questa tipologia di contratti è molto diffusa nelle piccole imprese e soprattutto in quelle in cui l’incidenza del costo del lavoro è molto elevata.

Non è per una esigenza di flessibilità che la piccola impresa ricorre a questi contratti, ma prevalentemente per un minor costo del lavoro: questi contratti costano meno rispetto ad un contratto da dipendente. Tutte le riflessioni di questi giorni su come superare questa anomalia italiana e quindi garantire diritti e tutele anche ai co.co.pro, non possono prescindere da questo dato di fatto.

 

di Filippo Di Nardo