Londra – Le delegazioni di sessanta Paesi hanno partecipato l’1 e il 2 novembre alla conferenza sulla cyber sicurezza indetta a Londra dal ministro degli Esteri inglese William Hague. La convention era impostata sul delicato tema della (mancanza di) sicurezza in Rete. L’obiettivo: un impegno comune per fronteggiare i frequenti attacchi informatici degli hackers.
GUERRA FREDDA SUL WEB – Corporation, grandi aziende e sedi istituzionali dei governi sono gli obiettivi degli hacker che recentemente hanno colpito il fondo Monetario Internazionale, la Nato e persino la Cia. Tanto che Leon Panetta, dirigente dell’agenzia d’intelligence, aveva paventato il rischio di ‘trovarsi di fronte a una nuova Pearl Harbour’
La London Conference ha visto tra i relatori Jimmy Wales di Wikipedia, il commissario Ue Neelie Kroes e numerosi politici ed esperti del settore, intervenuti insieme ai managers delle più importanti multilazionali tlc, tra cui Cisco e Facebook.
I RISCHI – Il ministro degli esteri britannico nel suo intervento ha parlato dei forti rischi del ‘cybercrimine’, seppur evitando di citare gli attacchi informatici (secondo alcuni analisti opera della Cina) subiti recentemente dal Dicastero della Difesa inglese. Hague però ha voluto anche sottolineare un dato: una regolamentazione della rete troppo ‘pesante’ sarebbe dannosa per Internet e per la democrazia.
La conferenza londinese ha confermato, per chi ancora sentiva il bisogno di conferme, che la protezione dei sistemi informatici di Stati e Governi è sempre più essenziale: sul web si combatte ormai una sorta di guerra fredda, nemmeno tanto ‘fredda’, visto gli ultimi sviluppi.
LE PREOCCUPAZIONI – Parallelamente, nonostante le critiche di Hague ai paesi (Cina e Russia) che hanno approvato leggi limitanti la libera espressione su Internet, crescono anche in Europa le preoccupazioni per la libertà della Rete. Un gruppo di intellettuali ha firmato un appello rivolto direttamente al governo inglese: la rete deve esser libera e senza censure, è il ‘succo’ del loro discorso.
Meno liberi, da oggi, sono invece gli Anonymous italiani, parte del network di hackers che a livello internazionale avevano pianificato e svolto attacchi informatici contro regimi e istituzioni pubbliche ritenute poco ‘ trasparenti’.
GLI ANONYMOUS ITALIANI – La Polizia informatica ha concluso le indagini sugli hackers nostrani individuando e denunciando i responsabili della ‘filiale’ italiana. Sono 15 le persone denunciate, tra le quali alcuni minorenni. I loro attacchi avevano colpito le sedi istituzionali quali Senato, Camera dei Deputati e Palazzo Ghigi ed anche sedi di aziende quali Eni, Unicredit, Poste, Finmeccanica. Fossero stati in America gli hacker avrebbero potuto rivolgersi al sito Anonymous Legal Help (http://anonlg.com/) nato per fornire assistenza agli anonimi che cadono nelle maglie della giustizia.
di Giuseppe de Paoli