Partita IVA, le nuove norme possibili

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ROMA – Cambiano ulteriormente, grazie ad alcuni emendamenti bipartisan, i requisiti per la regolarizzazione dei lavoratori con partita Iva prevista dal Ministro Elsa Fornero.

Si tratta di circa 160 mila lavoratori nel solo ambito ICT: professionisti che dovrebbero essere autonomi, senza vincoli di subordinazione (come prevede il codice civile all’articolo 222) e invece sono, in gran parte subordinati che lavorano come e più dei dipendenti, senza però i diritti concessi agli stessi (ferie, straordinari e via dicendo).

PARTITA IVA – Con le nuove norme le cose dovrebbero cambiare: saranno considerate “vere” partite IVA solo quelle che dichiarano minimo 18 mila euro annui (reddito lordo) e per le quali scatta una sorta di “presunzione di regolarita’’ come è stata definita dai normatori: quelle sotto la soglia dei 18 mila euro lordi invece saranno considerate ‘false’ partita IVA e il lavoratore potrà richiedere l’assunzione come lavoratore dipendente se  la durata della collaborazione supera i sei mesi; se ha una postazione (scrivania) in ufficio; se il 75% del reddito dichiarato è riconducibile allo stesso committente.

Un emendamento bipartisan presentato in Parlamento che il Ministro ritiene ‘condivisibile’ prevede un ulteriore ‘ritocco’ che molto probabilmente diverrà definitivo ai tre parametri sopra indicati: la postazione deve essere fissa; la quota di reddito passa dal 75 all’80%, i mesi di collaborazione interrotta salgono da sei a otto.

“Con queste norme – ha dichiarato il Ministro del lavoro Elsa Fornero – vogliamo separare ciò che è buono, il lavoro autonomo fatto per scelta, da ciò che è cattivo, cioè qualsiasi forma di sfruttamento e precarietà”.

CO.CO.PRO –  Per i contratti a progetto, che erano stati introdotti dalla legge Biagi in sostituzione dei co.co.co. (collaborazioni continuative e coordinate) proprio per evitare abusi da parte delle aziende, scatta invece il salario minimo che verrà stabilito periodicamente dal Ministero per il Lavoro: dovrà essere “adeguato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e non inferiore all’importo annuale determinato periodicamente”. Questo importo sarà individuato tramite una media delle tariffe minime dei lavoratori autonomi e delle tariffe stabilite dai contratti collettivi.

CONTRATTI A TERMINE – Novità anche per questa forma contrattuale: la durata minima del primo contratto a termine si allunga da sei mesi a un anno e il contratto potrà essere firmato anche senza una causale specifica. Qualora ci fosse, è prevista la possibilità di introdurre nei contratti collettivi la riduzione della pausa obbligatoria tra un contratto a termine e un altro che passa dagli attuali 60-90 giorni a 20-30 giorni.

APPRENDISTI – Potranno essere sempre assunti senza i limiti previsti inizialmente nel testo e legati alla prosecuzione o meno del rapporto di lavoro. Rimane il imite del 50% di apprendisti dipendenti, solo per chi ha alle dipendenze meno di di 10 persone.

REINTEGRO – Il reintegro in caso di licenziamento è ancora argomento di discussione; dovrebbe comunque esser deciso sulla base dei contratti collettivi.

 

di Giuseppe de Paoli