Cyber sicurezza: dal grande fratello al grande fardello

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ROMA– “La Cia ci spia” cantava una volta il rocker Eugenio Finardi. Oggi invece è soprattutto la Cina che ci ascolta e ci spia, ogni giorno.

Secondo molti esperti di sicurezza (perlopiù americani) il governo cinese punta alla conquista del mercato delle telecomunicazioni mondiali con un duplice obiettivo: guadagnare, naturalmente, ma anche, forse soprattutto, tener sotto osservazione i paesi ‘nemici’, sottraendo agli stessi segreti militari e industriali.

Un recente documento elaborato dalla U.S.-China Economic and Security Review Commission sostiene -probabilmente esagerando- che la Cina avrebbe già oggi l’accesso all’80% delle telecomunicazioni mondiali: ritorna insomma l’incubo del Grande Fratello, che era stato preconizzato da romanzieri e saggisti, ed è favorito oggi dal prodigioso sviluppo della tecnologia.

Facile citare gli attacchi a Google che è stato violato, nel 2010, da pirati informatici cinesi, subito dopo la pubblicazione delle notizie sui massacri in Tibet.

Facile citare gli attacchi informatici, avvenuti nel 2011, che hanno riguardato il governo americano e strutture delle Nazioni Unite, lasciando ‘tracce’ di hackers che colpivano dalla Cina.

Un grande fardello più che un grande fratello, un abbraccio tentacolare, da polipo!

LA DENUNCIA – degli esperti di sicurezza si focalizza soprattutto su Huawei che, secondo molti analisti, d’economia stavolta, avrebbe già superato in quote di mercato produttori come Sony, Htc e Nokia, diventando così il terzo produttore al mondo di smartphone, dietro ad Apple e Samsung. (Il dato però è solo ufficioso, almeno al momento).

Pesa anche, rilevano gli esperti, la ‘minaccia’ di Tze, operatore di telecomunicazioni cinese, molto legato al Governo, che sarebbe entrato nella lista delle cinque aziende di tlc più influenti al mondo.

L’ipotesi degli esperti di sicurezza americani, tra i quali Michael Maloof, già consulente per il Pentagono, è che le applicazioni, spesso raffinate, prodotte dalle due società siano usate per lo spionaggio.

Manca la pistola fumante, la prova del misfatto, certo, ma la sola ipotesi genera inquietudine.

LE PREOCCUPAZIONI – Gli americani non sono gli unici a lanciare l’allarme: L’Inghilterra, per esempio, l’ha fatto in tempi non sospetti e l’anno scorso ha ospitato le delegazioni di ben sessanta Paesi, per la conferenza internazionale sul cyber sicurezza cui hanno partecipato politici, esperti di sicurezza e i manager di colossi Ict come FaceBook, Cisco e molti altri (Vedi articolo).

L’Australia dal canto suo, recentemente, ha impedito che Huawei partecipasse alla gara d’appalto per la rete di telecomunicazioni nazionale e sono in crescita imponente i governi che si pongono il problema di non lasciare infrastrutture essenziali, come quelle tlc, in mano a societa’ straniere. Il tema della sicurezza digitale è quindi attualissimo.

Lo stesso governo cinese ha subito moltissimi attacchi informatici: centinaia di migliaia di attacchi tramite virus nel solo 2011, dei quali almeno il 15% sembra fossero di provenienza USA.

LA MEDIAZIONE – Da entrambe le parti, sia Cina sia in America, si cerca ora una mediazione: l’eccessiva dipendenza dalla tecnologia s’è trasformata in una debolezza potenziale per entrambi i Paesi, esposti anche agli attacchi di organizzazioni ‘autonome’ (forse) come Anonymous.

A entrambe le nazioni ora converrebbero una normativa condivisa per l’uso della rete, che però è di difficile applicazione, sia per motivi legali (non può esser troppo limitante per la democrazia) che strategici. Eppure una soluzione comune converrebbe a tutti, anche a noi!

 

di Giuseppe de Paoli