MILANO – L’ampia filiera digitale si fa sentire in tempo d’elezioni. Un gruppo di Ad, più o meno importanti ed esperti, ha presentato (il 22 gennaio scorso a Roma) l’Alleanza per Internet, presieduta dal giurista Franco Pizzetti.
Tre le proposte “forti” dell’associazione:
1 – un Ministro per il digitale,
2 – Wi-fi nei negozi, stazioni ed aeroporti;
3 – sviluppo di mobile-payment e coupon elettronici nelle transazioni commerciali.
Idee che sono state inviate ai leader politici, scelti forse in base allo studio della londinese MCC Worldwide Digital e al suo punteggio sulla rilevanza che il digitale ha nei programmi dei partiti.
Con davanti la faccia pulita dell’ex presidente dell’Authority per la Privacy Franco Pizzetti, l’Alleanza ha riunito diversi manager, docenti di università, consulenti, Pr, rappresentanti di Confindustria (Anitec, Assintel), di Assodigitale, del Censis, dell’AgCom, della Cassa Depositi Prestiti. È un Alleanza che fa parte del puzzle finanziario-industriale.
Gli internauti però, cioè il 47% degli italiani che usa la rete (grande numero se si pensa all’elevato tasso di anzianità del Paese) non si sentono rappresentati dai burocrati o dagli Internet provider, né dagli informatici titolati, né dalle associazioni confindustriali.
Nessun partito ha una seria strategia digitale, inclusi i grillini, erroneamente definiti partito web.
Ogni volta si ricomincia da zero.
Sono spariti i miliardi per la banda larga, e l’Agenda Digitale va a rilento (mancano i provvedimenti attuativi).
Le nuove tecnologie irrompono sul mercato, ma ancora non si dispiegano tutte le potenzialità delle esistenti.
Gli industriali intanto omaggiano la propaganda dei futuri posti di lavoro creati dalla rete, ma nascondono le grandi delocalizzazioni e automazioni in corso, e la sconfitta concorrenziale di un’Italia che consuma ma non produce.
Il grande deficit democratico del settore desertifica lavoro, competenze e opportunità, abbattendosi sul milione di professionisti della rete, divisi tra lavoro autonomo e lavoro dipendente, e ulteriormente suddivisi tra PA, meccanica, commercio e comunicazione.
La voce dei lavoratori digitali (diffidenti anche nei confronti delle forme tradizionali sindacali) è oggi usurpata a vario titolo da Politica, Industria e Burocrazia. Ma al destino del lavoro e della produzione digitale nessuno pensa, se non i lavoratori stessi che devono riconquistare i luoghi della partecipazione civile e sindacale.
di Giuseppe Mele