MILANO – I tagli della Nokia colpiscono anche l’Italia. Dopo l’annuncio di 3.500 esuberi su scala mondiale, e principalmente negli stabilimenti in Romania, Germania e Usa, anche nel nostro Paese le ripercussioni del processo di ristrutturazione si fanno sentire. Come riportato più volte da NetworkersNews, il Presidente e Ceo di Nokia, Stephen Elop, ha motivato questi tagli con l’esigenza di rilanciare la competitività dell’azienda sul mercato mondiale.
Le ripercussioni nostrane riguardano lo stabilimento Nokia-Siemens di Cassina dè Pecchi vicino a Milano, anche se qui, la vicenda, è iniziata 4 anni fa e nel mese di novembre si metterà la parola fine: lo stabilimento chiude. Forse le due vicende (quella italiana e quella estera) sono separate, sta di fatto che l’esito è comune.
In questo sito produttivo è stata realizzata una joint venture tra la Nokia e la Siemens per la produzione dei Ponti Radio (MicroWave). La newco scaturita dal matrimonio tra i due colossi IT è Nokia Siemens Networks Italia (NSN). In questi ultimi 4 anni l’azienda è passata da 3000 dipendenti a 1000 facendo massiccio ricorso a incentivi all’esodo, mobilità, cessioni di produzione e ovviamente alla cassa integrazione.
LA STORIA – Le difficoltà per la joint venture partono da lontano, ovvero dal 2008, anno in cui appare un nuovo attore imprenditoriale dal nome esotico, Jabil. Si tratta di una multinazionale americana che acquista i reparti produttivi, i nuovi prodotti e le nuove prototipazioni. L’impegno della nuova proprietà è quello di garantire i livelli occupazionali e il rilancio industriale del sito. Tuttavia, a d un certo punto, l’azienda ha dato il via alla riduzione ulteriore dell’organico, attraverso il ricorso agli esodi spontanei, incentivati, e ad operazioni di cessione di ramo d’azienda. I primi segnali dello smantellamento.
Arriviamo ad oggi: lo scorso 28 settembre alcuni dipendenti della Jabil e della Nokia Siemens Networks hanno inscenato una protesta davanti i cancelli della fabbrica perché la multinazionale USA ha dichiarato la cessazione di tutte le attività lavorative nel sito in provincia di Milano e quindi avviato la procedura di licenziamento collettivo per un totale di 325 dipendenti.
CERVELLI DELOCALIZZATI – In tutto questo, il settore strategico della ricerca e sviluppo composto (nel 2007) da circa 900 professionisti ICT di alto livello, e ubicato nel vicino sito di Cinisello Balsamo, è stato chiuso nel maggio 2010 e il personale rimasto (184 dipendenti) e’ stato ‘ceduto’, attraverso una cessione di ramo d’azienda, ad una società che si occupa di consulenza nel settore dello sviluppo software.
TUTTA COLPA DELLA GLOBALIZZAZIONE? – Nel sito di Cassina de Pecchi si produceva il 20 per cento della produzione mondiale di MicroWave e la domanda di fondo è questa: perché una realtà di grande valore di competenze e con un importante sbocco di mercato ad un certo punto sparisce?
La risposta, probabilmente, ha nome e cognome noti: competitività e delocalizzazione.
Addentrandosi nelle scelte fatte dall’azienda in questi anni, e riportate negli interventi di alcuni dipendenti, si capisce bene cosa è successo, Mentre la Nokia Siemens Networks ha ceduto il sito produttivo a Jabil, ha avviato, nel contempo, la produzione di un nuovo prodotto in un ex fabbrica Siemens in Germania e aperto un nuovo sito produttivo in India. Una parte di un loro prodotto (IDU) molto importante e strategica delle attività di ricerca è stata trasferita a Shangai, dove è stato creato un polo di ricerca e sviluppo che occupa un centinaio di ricercatori.
Inoltre NSN sta valutando di cedere anche la ricerca e sviluppo di Microwave concludendo così, la trasformazione del sito di Cinisello da “Centro di Competenze Internazionale” a semplice appendice locale di altri centri d’eccellenza situati fuori dal nostro Paese.
SOLITO FILM – A questo punto, assistiamo a film già visti e rivisti, in cui le aziende delocalizzano la produzione, alcuni dipendenti accettano gli incentivi e vanno via ed altri cercano di difendere ad oltranza il posto di lavoro, che non c’è più, attraverso, presidi permanenti, manifestazioni varie e denunce alla stampa: la speranza è che avvenga qualcosa che riporti la situazione indietro fino ai bei tempi andati. Speranza, spesso, vana.
Il caso di Cassina de Pecchi dimostra come alla delocalizzazione delle produzioni manifatturiere si aggiungono anche quelle dei cervelli e dei talenti high tech. Questo processo, se confermato, segnerà un’involuzione di sistema pericolosissima per l’Italia.
di Filippo Di Nardo