Stefano Giro, classe 1968, vive a Pravisdomini (PN). Perito industriale informatico e libero professionista dal 2005, svolge la sua attività di sistemista, programmatore e consulente presso piccole e medie aziende friulane e venete. Raccogliendo le sue esperienze ha scritto un pratico manuale per giovani sistemisti Linux intitolata Ubuntu Small Business Server. La guida, che insegna passo passo come configurare servizi basilari aziendali utilizzando Linux, ha ricevuto ottimi feedback ed è giunto alla seconda edizione. Il tempo libero lo dedica alla famiglia, alla corsa, all’Udinese, alla lettura e ai serial tv americani ed inglesi in lingua originale, grande passione del momento. Vorrebbe anche scrivere un romanzo, ma attende prima che le giornate di 24 ore vengano allungate per decreto ad almeno 36.
L’ultimo social post?
Devo dire che non sono un amante dei social network. Da buon informatico curioso mi sono iscritto ai più comuni, ne conosco le dinamiche, ma la scintilla non è mai scoccata. Credo di usarli si o no un paio di volte al mese e spesso solo per necessità. Magari il mio prossimo post potrebbe essere il link a questa intervista.
L’ultimo video che hai visto su Youtube?
Roger Federer vs Novak Djokovic Roland Garros 2011.
Mac, Windows o Linux?
Windows e Linux. Windows sia in ambito desktop che server, Linux solo in quello server. Penso sia fondamentale per un sistemista conoscere entrambi gli ambienti per poter usare il meglio che ognuno dei due può offrire. A dire il vero ho anche usato Linux sul desktop per un paio di anni, ma poi ho dovuto a malincuore lasciar perdere vista la sua totale assenza dalle scrivanie delle Aziende con cui collaboro. Resiste a casa sul netbook. Stessa sorte per il Mac.
L’ultimo acquisto online?
Nel mio caso l’elettronica e la letteratura tecnica la fanno da padrone, ma curiosamente gli ultimi acquisti sono stati i romanzi di R.R. Martin “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” e, purtroppo, le catene da neve per l’auto.
Un libro che ha segnato la tua vita?
Senza dubbio quello che ho scritto e pubblicato su Ubuntu Server. É stata una vera sfida mettere in atto il desiderio di scrivere una guida che raccogliesse le mie esperienze maturate negli anni in ambito Linux per quanto riguarda i server aziendali. Ma gli apprezzamenti di chi lo ha usato per creare la propria installazione, magari in una piccola scuola di provincia, mi ha ampiamente ripagato dallo sforzo.
Qual è stato il progetto lavorativo che più ti ha segnato?
Sinceramente nessuno in particolare. Prima di affrontare un progetto mi documento con cura e, se necessario, prima di accettare cerco collaboratori all’altezza. Per questo fino ad ora non mi sono mai trovato spiazzato e impreparato in balia degli eventi. É vero che, a differenza di quanto pensa la gente comune forse condizionata dalla letteratura e dalla televisione, l’informatica è un mondo tutt’altro che perfetto, i problemi da risolvere ci sono eccome, ma personalmente non ricordo nulla di una portata tale da “segnarmi” in modo marcato.
Quando hai deciso di diventare sistemista?
In fondo credo di non averlo mai deciso, anche perché nella mia attività non è l’unica ed esclusiva mansione. É stato più un percorso evolutivo e di studio dovuto alla mia grande passione per l’argomento. Considero la mia generazione molto fortunata da questo punto di vista. Io, ad esempio, ho potuto maturare le mie conoscenze pian piano seguendo in tempo reale la naturale evoluzione dell’informatica negli ultimi 25 anni. É un vantaggio enorme perché “conoscere il passato per poter comprendere il presente e, nei limiti dell’umano, prevedere il futuro (Tucidide)” è un pensiero che secondo me ben si adatta anche al nostro mondo.
Nella tua carriera, ha contato più lo studio (da autodidatta o scolastico-professionale) o l’esperienza pratica?
Troppo facile rispondere a questa domanda: l’esperienza naturalmente. La scuola forma una mentalità, ti allena allo studio. Lo studio poi forma la conoscenza attingendo alle esperienze altrui. L’esperienza propria è la palestra, il campo da gioco in cui si comprende, anche sbagliando, quanto sia grande l’approssimazione delle proprie conoscenze tecniche teoriche.
Il primo colloquio non si scorda mai: hai qualche curiosità da raccontare?
Il mio primo colloquio di lavoro è stato molto breve. Dopo avermi chiesto il nome di battesimo, il mio futuro capo mi ha detto: «Bene, Stefano, vuoi cominciare adesso o vieni domani?» Ero impreparato alla cosa, quindi sono andato il giorno dopo. Altri tempi.
Hai avuto durante la tua carriera professionale un incontro particolare?
Ringrazio il mio primo datore di lavoro. Ho passato dieci anni nella sua azienda. Mi ha permesso di imparare un mestiere che già amavo in un ambiente familiare e con grande autonomia operativa. Ancora oggi lui e quei colleghi di lavoro rappresentano la mia principale rete di amici e collaboratori nella sfera professionale.
E un’intuizione vincente?
Fino ad ora sono sempre riuscito a leggere abbastanza bene la direzione verso cui il mio mondo lavorativo si muove. Grazie a questo e alla passione per il “nuovo” sono sempre riuscito a mantenere un piccolo vantaggio temporale sugli eventi.
Cosa consigli ai giovani che vogliono diventare sistemista come te?
Niente pregiudizi, niente guerre di religione. Linux Vs Windows, Office Vs OpenOffice e via di seguito sono chiacchere filosofiche da bar che non faranno altro che danneggiare voi e i vostri clienti. Attingete da ogni fonte e fate le cose nel modo più semplice possibile. Sarete apprezzati per questo. Poi, se non siete animati da una quasi maniacale passione per l’argomento e non avete un instancabile desiderio di studiare e sperimentare cose nuove, lasciate perdere, la professione non fa per voi. La velocità evolutiva della materia è molto rapida, il bisogno di una formazione continua irrinunciabile. Questo non significa che bisogna sempre poi buttare il vecchio per far strada al nuovo. “Nuovo” ovviamente non è sempre sinonimo di “migliore”. Infine, un altro consiglio che personalmente posso dare è quello di seguire, nel risolvere un problema, il principio del “Rasoio di Occam”. Cercatelo su Wikipedia e fate vostro il principio su cui si basa. Sembra una banalità ma non lo è. Mi ringrazierete dopo.
Internet ha cambiato il mondo del lavoro in Italia. Come?
La concorrenza è globale, ma anche la conoscenza. Anni fa era impensabile potersi documentare con tale facilità, portare assistenza ovunque nel mondo senza spostarsi dalla sedia. Per un informatico Internet è fondamentale a tal punto che c’è da chiedersi come diavolo si potesse lavorare prima.
Serve un sindacato dei Networkers? Se sì, come te lo immagini?
Dipende. Nel vecchia cognizione del termine forse no, ma da buon tecnico duro e puro, ammetto che le faccende legalesi non sono il mio forte. Se invece lo scopo è una sorta di “in-formazione continua” allora la cosa forse potrebbe avere un sapore diverso.
Descrivi la tua professione in modo chiaro e diretto in modo che anche mia nonna possa capirla.
Alla nonna direi che aiuto le persone a risolvere i loro problemi lavorativi usando i computer. Se poi il problema è il computer stesso… li aiuto anche su quello.
L’organizzazione ‘classica’ del lavoro (orari rigidi e cartellino da timbrare) ha senso per un networker?
Tendenzialmente no, ma è difficile generalizzare, anche se posso dire che nel mio caso i lavori più importanti generalmente si fanno proprio quando gli uffici e le aziende sono vuoti o chiusi per ferie.
Quanti sono i tuoi amici sui socialnetwork, quanti di questi conosci davvero e quanti frequenti anche “off-line”?
Pochissimi e ovviamente sono tutti cari amici in carne ed ossa. Come già detto non amo dedicare molto tempo a Facebook & Soci, non mi piace mischiare lavoro e tempo libero. Da questo punto di vista preferisco di gran lunga i vecchi Forum o i Blog tematici con commenti dove è ancora consentito un certo grado di anonimato e privacy.
Prima di incontrare qualcuno che non conosci fai una ricerca su Google?
Se si tratta di un’azienda, un professionista o un collaboratore ovviamente si. Anche e sopratutto per questo motivo bisognerebbe evitare di scrivere scemenze pubbliche sul proprio conto sui social o sui blog, la nostra immagine professionale, giustamente o meno, ne risulterebbe penalizzata. Questo vale come consiglio specialmente per i più giovani.
di Mario Grasso