MILANO – Offerte di lavoro discriminatorie, ambigue, svilenti. Guardando le (poche) offerte d’impiego in circolazione si notano, non di rado, riferimenti espliciti all’età, al genere, o al luogo di residenza. Riferimenti che la legge vieta espressamente.
Gli annunci di ricerca del personale dovrebbero menzionare solamente qualifiche e competenze professionali ma in molti casi non va così. Come difendersi?
Le norme non mancano. A partire dalla Costituzione che all’articolo 3 recita: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
La legge 127/97 invece chiarisce (art. 3, comma 6) che la partecipazione a concorsi indetti dalla Pubblica Amministrazione “non è soggetta a limiti di età, fatte salve solo le deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni”.
La legge 276/03 considera l’esposizione dell’età negli annunci di ricerca di personale una “violazione del principio delle pari opportunità”.
La stessa legge afferma il riconoscimento degli over 50 -purtroppo non gli over 40- tra le categorie dei lavoratori “svantaggiati”, cioè non in grado di inserirsi nel mercato del lavoro senza specifica assistenza. Per loro è stato previsto un contratto d’inserimento lavorativo (normato all’art. 54 e seguenti) che prevede contributi e agevolazioni per le aziende che li assumono.
Quanto alla discriminazione nei confronti delle donne (che ancora ai colloqui di lavoro si sentono chiedere se intendono avere figli), il Decreto legislativo n. 5/2010, introdotto sotto la spinta delle direttive Ue, vieta espressamente qualsiasi forma di discriminazione e prevede sanzioni severe contro le stesse.
Le norme non mancano, dicevamo, eppur la discriminazione sul lavoro in Italia è in crescita.
Lo conferma il report di Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazione della Presidenza del Consiglio, che sarà presentato il 28 febbraio all’Università di Napoli.
Nei primi dieci mesi del 2012 – rileva l’Istituto – c’è stato un deciso aumento delle discriminazioni sul lavoro che sono cresciute del 15%: in particolare c’è stata una vera e propria escalation nelle fasi di accesso all’occupazione (colloqui) nella quale gli episodi discriminatori segnalati sono aumentati del 75,5% !
Probabilmente la difficile situazione economica influisce anche su questi dati.
di Giuseppe de Paoli