ROMA – Con una classica inversione a U, la Commissione europea ha tolto un po’ di potere alle Agenzie regolatorie della telefonia fissa.
D’ora in avanti, per esempio, l’Agcom per intervenire sui prezzi, dovrà dimostrare a Bruxelles che la concorrenza tra operatori telefonici non è sufficiente. Finora il meccanismo funzionava al contrario, tutto a favore delle Authority, enti prediletti dall’Europa.
Partiva dall’assunto che bisognasse solo tutelare i consumatori e gli operatori minori, abbattendo i prezzi finali. Tra vecchio e nuovo, Barroso e Juncker, entrambi esponenti conservatori, s’arrabattano per difendere una presunta continuità politica, anche sul tema dell’economia e dell’innovazione digitali.
Juncker ribadisce l’obiettivo di un grande mercato unico elettronico e come il predecessore da questo risultato dice di attendersi messi di profitti e di posti di lavoro.
Intanto però la struttura dell’agenzia digitale è stata spezzettata tra un vicepresidente senza Dg, l’estone Ansip con delega al mercato unico elettronico ed un commissario alla società e economia digitali, senza contare ulteriori distribuzioni di competenze tra cultura e ricerca.
Si è capito, senza dirlo apertamente, che le regole invece di aiutare tarpano le ali all’industria digitale. La concorrenza dei sistemi fiscali è divenuta intollerabile e l’Irlanda è stata spinta a limitare il paradiso fiscale finora offerto dai grandi fornitori di servizi su Internet. Solo la crisi ed il fallimento delle sorti ottime e progressive dell’Internet europeo, proclamate ininterrottamente dal ’97 potevano costringere Bruxelles a tanto.
La politica italiana ancora non sembra essersene accorta. La stessa grande manovra appena annunciata continua a confidare in risparmi mirabolanti ottenibili dalla digitalizzazione della macchina pubblica.
La fatturazione elettronica (presente dal 2008 per i privati) da qualche mese in vigore per la PA finora non fa miracoli. Più realisticamente, il taglio di tanta frammentazione progettuale digitale sul territorio, data la stretta alle disponibilità di spesa degli enti locali, potrebbe riportare ad un’informatica nazionale, scomparsa da decenni. Sarebbe un buon risultato trovato per caso.
L’azione italiana fa il contrario di quanto dice, soprattutto sul lavoro. La fisarmonica normativa sugli appalti, ora più regolatoria, ora più lasca, falcidia l’occupazione dei colossi dei contact center, tra Roma, Palermo e le decine di sedi aperte nell’estero vicino.
L’innovazione digitale qui incrocia il ribasso senza limiti delle paghe orarie con lo strapiombo dei fondi europei dedicati al finanziamento della delocalizzazione materiale e virtuale.
Di tutt’altro verso, l’iniziativa più importante italiana è così una nuova consultazione pubblica on line, aperta fino a dopo Natale, che ignara delle grandi crepe presenti in tutta la filiera dell’economia digitale, propone una Dichiarazione dei diritti in Internet (italianizzazione dei Bill of Internet Rights).
di Giuseppe Mele