Comunicazione online, 4 modelli di sindacato digitale

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Comunicazione online, 4 modelli di sindacato digitale

Uno studio internazionale  condotto nel 2012 da Panos Panagiotopoulos, ricercatore della Brunel University di Londra, ha evidenziato come l’utilizzo degli strumenti digitali sia sempre più importante per migliorare la comunicazione di un sindacato digitale e il coinvolgimento dei propri iscritti.

Il 61% dei sindacati coinvolti nella ricerca ha dichiarato che il digitale è considerato una priorità nonostante i limiti di tempo e di budget.

Oggi, dove più dove meno, tutti i rappresentanti sindacali fanno i conti con gli strumenti dell’innovazione tecnologica. Da uno scambio di email a un messaggio su Whatsapp, dalla gestione di una pagina Facebook al lancio di una campagna a colpi di hashtag su Twitter.

Alex White, sindacalista australiano, scrive sul suo blog quattro modelli possibili di sindacato digitale.

Modello informale

Questo tipo di approccio si basa sulle competenze digitali già presenti all’interno dell’organizzazione. In particolare, i funzionari sono chiamati quando richiesto a usare gli strumenti digitali.
Se da un lato questo metodo può essere vantaggioso perché abbatte i costi e permette al sindacato di usare solo le tecnologie necessarie, dall’altro può essere insufficiente e inefficace poiché il singolo sindacalista inevitabilmente avrà qualche mancanza su strumenti e tecniche digitali.

Modello centralizzato

Secondo l’esperienza di White, alcuni sindacati hanno creato uno “staff digitale” col compito di spingere la struttura verso la digitalizzazione e supportare gli altri colleghi nei loro bisogni quotidiani con gli strumenti informatici.
Questo modello assicura l’uso di specifici mezzi utili all’organizzazione ma ha il rovescio della medaglia nel creare delle disconnessioni tra i sindacalisti “digitali” e il resto della struttura e dei colli di bottiglia dovuti alla mancanza di competenze tecnologiche e di tempo.

Modello decentralizzato

Con questo modello si intende organizzare il sindacato con gli esperti digitali all’interno dei vari uffici. Ogni area ha uno o due “guru” (spesso i sindacalisti più giovani) che sono considerati gli “smanettoni” per ogni cosa che abbia a che fare col digitale (social media, email, aggiornamenti del sito web, ecc.).
Tale approccio ha certamente il beneficio di assicurare un utilizzo diffuso degli strumenti digitali e il supporto per tutte le attività sindacali dell’organizzazione. Di contro, si rischia un utilizzo incostante e scoordinato degli strumenti, provocando una potenziale duplicazione (un ufficio usa uno strumento specifico per un’attività digitale diverso rispetto a quello di un altro ufficio).

Modello ibrido

L’ultimo modello proposto da White è il modello ibrido basato su quello centralizzato e decentralizzato. In questo modello, il sindacato ha un team digitale fatto da responsabili sindacali che formano, supportano e guidano i funzionari nei rispettivi uffici. I pro di questo approccio sono quelli di espandere l’uso dei mezzi digitali all’interno dell’organizzazione, migliorare le competenze digitali e assicurare un coordinamento delle attività. Tuttavia, il contro è dato dal fatto che i responsabili dell’organizzazione debbano lasciare alcune funzioni di controllo centralizzato sull’uso degli strumenti digitali.

White ha notato in questi anni che all’interno delle organizzazioni sindacali si pensa all’uso degli strumenti digitali come un fattore legato strettamente all’ufficio comunicazione, mentre potrebbe essere utile estendere queste competenze anche nell’organizzazione delle attività sindacali.

Sarebbe utile insomma condividere strumenti e tecniche digitali con i rappresentanti sindacali in azienda, funzionari e dipendenti del sindacato e renderli parte integrante della strategia sindacale.

Sfortunatamente ancora oggi ci sono leader sindacali – rammenta White – che sono preoccupati o addirittura spaventati degli strumenti digitali, soprattutto per i rischi legati alla perdita del potere di controllo. Il risultato di tutto ciò porta alla mancanza di leadership interna al sindacato e la perdita di molte opportunità per l’organizzazione.

di Mario Grasso
12 gennaio 2015
Foto: wolfesgate.com