Grazie allo studio della società di ricerca InNova, con la collaborazione del sindacato UILTuCS, scopriamo la nuova mappa dei lavoratori ICT in Italia.
ICT un settore non molto grande, ma molto diffuso
Il settore ICT rappresenta il 3,7% del valore aggiunto italiano, quasi metà della quota di paesi come Irlanda e Giappone.
In termini percentuali il valore aggiunto prodotto dal settore ICT italiano si colloca tra gli ultimi posti rispetto ai Paesi considerati (elaborazione su dati OCSE). Inoltre la sua quota è in diminuzione (come per molti altri Paesi) in confronto al 2007 e al 2001.
I lavoratori ICT in Italia sono circa il 2,5% del totale degli occupati.
Disaggregando il comparto ICT, i servizi informatici pesano per circa il 45%, seguiti dalle telecomunicazioni con il 38%.
Nel complesso, pressappoco il 17% delle aziende impiega specialisti ICT tra i propri addetti (elaborazione su dati Istat), in particolare le telecomunicazioni, l’informatica e la produzione di apparecchi elettronici, dove oltre il 60% delle imprese ha tra i propri addetti specialisti ICT.
Il settore con la maggiore presenza di imprese con specialisti ICT è quello della fornitura di energia elettrica ed altre utilities.
Seguono le attività manifatturiere e i servizi. Comprensibilmente, è molto meno diffusa la presenza di specialisti ICT nelle costruzioni.
Nel complesso, circa il 16,8% delle aziende nel 2016 aveva specialisti ICT tra i propri addetti. Da evidenziare la tendenza alla crescita in tutti i settori negli ultimi 4 anni.
I settori in cui è presente una quota maggiore di specialisti ICT – secondo l’elaborazione dei dati Istat – sono soprattutto nei servizi.
Tra i settori che vedono un maggiore coinvolgimento di questi lavoratori tra i propri addetti troviamo ovviamente le telecomunicazioni e l’informatica.
Inoltre, più della metà delle aziende editoriali ha tra i propri addetti specialisti ICT.
Per quanto riguarda la manifattura, il numero di aziende con specialisti ICT supera il 60% tra quelle produttrici di apparecchiature elettroniche.
Il profilo dei lavoratori ICT in Italia
Il lavoratore tipico – secondo l’analisi dei dati Istat – è maschio (67,2%), tra i 35 e i 54 anni (61,9%), del Nord Italia (58,5%), almeno diplomato (51,6%), con un’elevata specializzazione (84,4%), occupato a tempo pieno (87,9%) e a tempo indeterminato (90%).
I lavoratori ICT in Italia dipendenti sono 247.998. Mentre gli autonomi nel settore ICT sono 72.948.
Anche in questo caso sono per la maggiore maschi (84,5%), in un’età compresa tra i 35-54 anni (66,7%), vivono principalmente al Nord Italia (69,2%), sono almeno diplomati (58,8%) e sono altamente specializzati (97,9%).
Lavorano prettamente a tempo pieno (85,8%) che a tempo parziale (14,2%).
Nella classifica delle competenze più ricercate in LinkedIn dalle aziende in Italia primeggiano le nuove professioni del web, indice della trasformazione digitale.
Si cercano Analyst (Analisi Statistica e Data Mining seguita dall’Analisi SEO/SEM), Designer e Developer per il Web (Controllo Qualità e Testing del software, non solo bellezza ma anche funzionalità, perché un sito o un’applicazione possa essere responsiva e agevole da utilizzare) ed Head Hunter (il mondo del recruitment è in continuo ribollire, tra neofiti alla ricerca del primo incarico e professionisti alle prese con il ricollocamento lavorativo).
La tecnologia principale driver di cambiamento
L’innovazione digitale è segnalata come la principale sorgente del cambiamento aziendale, seguita dal contesto macro-economico/geopolitico e quindi dai cambiamenti del mercato del lavoro e socio-demografici.
Quasi il 70% dei direttori del personale – secondo i dati de “Il futuro è oggi: sei pronto?, Edizione 2016” di University2Business – indica l’innovazione digitale come la principale sorgente del cambiamento aziendale, seguita dal contesto macro-economico (48,8%) e dai cambiamenti del mercato del lavoro (33,3%).
L’automazione eserciterà una certa pressione sul mercato del lavoro, ma ciò non comporterà la distruzione dell’occupazione.
Automazione non è sinonimo di estinzione del lavoro. Certamente alcuni lavori saranno definitivamente eliminati (circa il 10% in Italia), ma ciò non comporta la distruzione dell’occupazione e del mondo del lavoro. Almeno secondo i dati dello European Political Strategy Centre, il think tank della Commissione Europea.
In futuro più che attendersi un’enorme eccedenza di manodopera è più facile aspettarsi che si continui a lavorare affianco e coadiuvati da robot.
Infatti nei prossimi cinquant’anni il progressivo invecchiamento della popolazione aumenterà il fabbisogno occupazionale e l’automazione è una possibile via per mantenere elevati standard di vita.