Il full stack developer (non) esiste

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Il full stack developer (non) esiste

C’è una figura professionale nel mondo della programmazione informatica che spesso viene immaginata come un mito: il full stack developer.

Il full stack developer, in estrema sintesi, è uno sviluppatore che ha competenze di programmazione sia lato frontend (User Experience inclusa), sia lato backend.

Secondo alcuni, il full stack developer è un programmatore che sa sviluppare codice frontend perché deve farlo ed è “facile”.

È probabile che ci sia anche un po’ di confusione di ruoli su ciò che fa il designer frontend e dove venga inserito in un processo di sviluppo.

Soprattutto per chi è alle prime armi nel mondo della programmazione o per un ufficio risorse umane non sempre in linea con l’evoluzione del mondo informatico.

La linea di confine tra design e progettazione è spesso data dall’equazione designer=persone che producono immagini statiche di progettazione e sviluppo=persone che scrivono codice.

Lo sviluppo frontend spesso viene inserito nello sviluppo complessivo di un progetto perché in fondo è codice dal punto di vista tecnico.

Così il codice UI – cioè, di interfaccia con l’utente – diventa un altro compito da affrontare per i sempre impegnati sviluppatori e siccome HTML e CSS non sono linguaggi di programmazione vengono trattati come lavoro “semplice” senza le dovute attenzioni.

Se non è sempre così nella realtà, bisogna comprendere che le attività di frontend sono una parte centrale della creazione e del processo di sviluppo: creare UI che siano responsive, accessibili, compatibili, resilienti e dalle ottime prestazioni è un lavoro complesso.

Ora, è chiaro che se vediamo il full stack developer dal punto di vista aziendale ci si può orientare verso un ragionamento che punti sui costi e sulla dimensione delle imprese.

Sarà più facile avere qualcuno che si occupi di sviluppo frontend, design e programmazione backend nelle piccole e medie imprese e più figure dedicate alle varie parti dello sviluppo e della progettazione (mettiamoci pure un project manager, magari ex full stack developer!) nelle aziende di grosse dimensioni con tutto ciò che ne consegue in termini di retribuzione, orari e carichi di lavoro, reperibilità e via dicendo.

Ci possono essere anche delle alternative: “l’affitto” di uno sviluppatore ad hoc per determinati progetti – magari di media o lunga durata – tramite agenzia interinale o con una collaborazione a partita IVA oppure, guardando ai nuovi trend del mercato del lavoro, affidarsi al crowd working, alla “folla” di informatici che attendono davanti al proprio pc o dispositivo mobile che qualche committente pubblichi l’annuncio di lavoro sulle piattaforme della gig economy e fare una battaglia al ribasso per ottenere la commissione.

Per chi mira a raggiungere la fama mitologica del full stack developer allora può valere l’immagine seguente: costruire una buona base (la conoscenza delle scienze informatiche e delle famose soft skills) per puntare all’altezza (specializzarsi su pochi ambiti – ma buoni! – di programmazione informatica).

Cosa ne pensate? Scrivete la vostra opinione qui sotto.

Aggiornamento

Un utente di un gruppo Facebook di programmatori ha voluto fare alcune precisazioni dopo aver letto il nostro articolo. Ecco il link a Miti e leggende: Full Stack Developer