Il “Times” fa aumentare i salari alla Foxconn

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Milano – Dopo l’inchiesta del New York Times sulle difficili condizioni di lavoro alla Foxconn, si è diffusa la notizia che l’azienda avrebbe aumentato gli stipendi dei suoi dipendenti del 25%. Un significativo aumento, proprio a causa dell’inchiesta dell’autorevole settimanale americano. Forse. Insomma, quella denuncia sembra aver mosso le acque. Nell’inchiesta il “Times” aveva denunciato condizioni di lavoro all’interno delle fabbriche che producono gli iPhone, durissime: turni di lavoro lunghissimi e fino a 14 ore, straordinari non pagati, salari bassi e metodi di lavoro vessatori.

Tutto il clamore che sta emergendo a livello internazionale sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche cinesi che producono e assemblano i prodotti high tech più alla moda, sembra aver prodotto i primi risultati. Tuttavia, come riportato da Tempi.it, le vere ragioni dell’aumento salariale risiederebbero in ambito istituzionale locale. Ovvero, questi aumenti sarebbero il risultato della decisione presa “dall’autorità municipale di Shenzhen di aumentare il salario minimo nelle città di circa il 13%, seguendo un trend che in tutto il paese comunista è in atto già da un anno a questa parte”.

Sta di fatto, tuttavia, che le tante denunce che stanno emergendo, grazie anche ad inchieste come quella del “Times” riprese dai media di tutto il Mondo, hanno certamente prodotto un’attenzione molto forte, da parte dell’opinione pubblica internazionale, sulle condizioni di lavoro nelle fabbriche che producono la nostra tecnologia di consumo, e che sta aiutando la battaglia per i diritti del lavoro in Cina.

L’autunno caldo cinese. Sempre su Tempi.it è riportato un dato fondamentale che aiuta a capire cosa sta avvenendo nel mondo del lavoro in Cina: “nel solo 2009 si sono verificate 30 mila rivolte legate al lavoro e i casi portati davanti al Giudice per problemi legati alla retribuzione sono stati, nel solo 2010, più di 1 milione e 264 mila”. Se la cultura del lavoro in Cina (con evidenti complicità nelle multinazionali estere) è quella espressa da queste parole, la strada da fare è ancora lunga: “Mi vengono di quei mal di testa dovendo dirigere ogni giorno un milione di animali”, Terry Gou, capo della Foxconn.

Comunque, gli aumenti salariali dovrebbero portare ad un salario medio alla Foxconn di 400 dollari. Anche se permangono gli scetticismi sulla reale effettività degli aumenti e sulla possibilità di controllare gli straordinari. In particolare, “il salario base dell’operaio aumenta solo se viene superato l’esame di produttività della compagnia, che però la Foxconn impedisce spesso di fare assumendo un operaio per sei mesi e trasferendolo poi in un altro stabilimento”.

Ma quanto incide il costo del lavoro su un iPhone e quanto ci guadagna la Apple? Secondo uno studio recente (realizzato da Asymco Horage Dediu) il costo complessivo di produzione di un iPhone sarebbe di 293 dollari. Questa cifra, tuttavia, va presa con molta prudenza, perché non calcola quanto incidono sui costi di produzione totali fattori come la progettazione, il design, il marketing e la pubblicità. Ciò premesso, tuttavia, ci dà un parametro (parziale) di quanto incide il costo del lavoro. Dei 293 dollari, infatti, lo studio ha calcolato che 200 dollari sono i costi dei materiali (display, disco rigido, fotocamera, ecc.) e i restanti 93 dollari sono il costo per il trasporto, magazzino, produzione, garanzie, e via dicendo. Di questi 93 dollari, una parte sono il costo del lavoro che è stato calcolato in 1,78 dollari l’ora. Per produrre un iPhone ci vogliono 24 ore e 141 passaggi. Di queste, 6-8 ore sono dedicate all’installazione e ai test software, e le ore restanti vengono dedicate all’assemblaggio vero e proprio, di cui una parte è automatizzato e la restante è svolta dagli operai manualmente.

È difficile, con questi dati, capire quant’è effettivamente l’utile della Apple, certamente però, sui diritti del lavoro permane una condizione di deficit.

 

di Filippo Di Nardo