ROMA – Immaginate un Milan senza Ibrahimovic, o, volgendo lo sguardo al passato, una Roma priva di Falcao una Juventus senza Platini: il calcio è un terreno fertile per l’integrazione delle diversità, è un dato di fatto, almeno dal punto di vista del gioco.
Quello che accade in uno degli sport più seguiti al mondo, dove le ‘differenze’ vengono valorizzate, non va pero’ di pari passo con quello che accade nel resto della società, almeno in Italia.
Le discriminazioni, purtroppo, avvengono con una certa frequenza, e costanza, anche sui luoghi di lavoro. Sono discrimnazioni che riguardano la razza, l’orientamento sessuale, la cultura, l’età, le disabilità.
E’ di Marzo una coraggiosa sentenza del Tribunale di Milano contro Extrabanca Spa, istituto di credito rivolto in particolare ai cittadini migranti, i cui dirigenti sono stati sanzionati per ‘’molestie a sfondo etnico razziale’’ nei confronti di un loro dipendente. Molte altre situazioni del genere però non vengono nemmeno rilevate.
Un esempio attuale? La legge vieta le discriminazioni per età, o sesso, eppure moltissimi annunci di lavoro sono riservati a ‘massimo trentenni’, e permane la pratica delle dimissioni fatte firmare in anticipo alle giovani donne assunte, per evitare di averle come dipendenti se vanno in maternità.
Insomma i problemi non mancano.
IL VENTO DEL CAMBIAMENTO – Un vento nuovo però comincia a soffiare dato che sono sempre più le aziende che sperimentano differente approccio al tema della diversità.
Alla base una teoria non nuova ma più che mai necessaria visti i cambiamenti nel mercato del lavoro: si tratta del “Diversity Management”, un principio gestionale nato negli Stati Uniti nei primi anni ’90, che cerca di contrastare ogni forma di discriminazione nei luoghi di lavoro.
IL DIVERSITY MANAGEMENT – propone dei sistemi di valorizzazione delle differenze e di promozione dell’inclusione sociale, partendo da un presupposto di base: un’azienda multiculturale è molto più ricca, in termini di potenziale umano, di un’azienda monoculturale ed è per questo maggiormente pronta ad affrontare le sfide di un mercato sempre più complesso e globalizzato.
Diversi studi (1), dimostrano come la diversità, se adeguatamente gestita, garantisce effetti virtuosi sulle performance dei team e delle aziende, grazie alle opportunità di interazione create.
Gli effetti di una diversità ben gestita possono essere: riduzione dei fenomeni di assenteismo, aumento della produttività, crescita delle soluzioni innovative e creative, miglioramento della motivazione e del senso di appartenenza.
QUALCHE ESEMPIO – Diversi sono gli esempi di aziende che, anche in Italia, hanno sviluppato progetti dedicati alla gestione delle diversità:
Ikea- E’ di questi mesi una ricerca realizzata dalla società sui dipendenti delle proprie sedi di Bologna, Roma e Catania: il 14% degli stessi si è riconosciuto nell’orientamento GLBT – acronimo utilizzato come termine collettivo per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender. Va detto, a onor di cronaca, che Ikea è un’isola felice nel panorama italiano e mondiale: basti pensare che le donne sono il 58% dei dipendenti e le top manager superano il 41%.
HP, ha una precisa politica a supporto dell’accessibilità dei propri prodotti (“Disability Mentorship Day”), che porta l’azienda a supportare la ricerca sulle tecnologie assistenziali, coinvolgere persone disabili nella definizione dei requisiti per l’accessibilità e nella formazione dei disabili all’utilizzo delle tecnologie informatiche.
Xerox, infine ha un progetto in corso il cui obiettivo è misurare l’aumento del numero delle donne in posizione di management e nelle funzioni di vendita.
Di esempi se ne possono trovare molti altri, quel che colpisce è che sono prevalentemente multinazionali o comunque aziende di grandi dimensioni a muoversi in questa direzione. E le altre?
L’augurio è che le istituzioni sappiano trovare nuove strade per promuovere o supportare “strutturalmente” e sistematicamente, iniziative in grado di sviluppare benefici reali sulla coesione sociale e sullo sviluppo economico di un intero sistema.
Marco Di Lullo e Giuseppe de Paoli
Nota (1) Per gli studi in ambito management, si veda ad esempio la review in “Kilduff, M., Angelmar, R. & Mehra, A., 2000, “Top management team diversity and firm performance”. Un’interessante studio si trova anche su: didatticabocconi.