Agenda digitale: l’UE in ritardo

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ROMA – Politiche pubbliche troppo frammentate, eccesso di burocrazia, scarsa attenzione alle giovani imprese in fase di partenza, inefficacia del ruolo pubblico: la solita lamentela sul mercato del lavoro italiano? No, stavolta si parla dell’Hi-Tech europeo.

L’occasione è uno studio prodotto dalla Bruegel, ‘pensatoio’ politico ed economico con sede a Bruxelles, che evidenzia i ritardi del vecchio continente nello sviluppo delle tecnologie ICT.

La Bruegel individua diversi elementi che frenano lo sviluppo dell’ICT europeo: l’eccessiva frammentazione delle politiche pubbliche (quando ci sono), la mancanza di una cultura imprenditoriale condivisa e diffusa, il limitato accesso al capitale di rischio.

L’Europa è indietro rispetto ad altre singole economie avanzate, come il Regno Unito o i Paesi Scandinavi, sia per quanto riguarda investimenti nei servizi ICT (soprattutto quelli ad alta potenzialità di sviluppo come il cloud computing), che nella creazione di politiche pro-ripresa.

E in Italia? Non c’è da stare allegri. Se l’Europa va avanti piano il Belpaese arranca: la net economy nostrana vale appena il 2%, contro il 7,2% del Regno Unito.

Nel bel Paese il divario digitale è ancora forte soprattutto al Sud e nelle zone montane e sono tante le ‘barriere’, anche culturali, allo sviluppo dell’economia digitale.

Le idee non mancano, ma lacci e lacciuoli della burocrazia, difficoltà di accesso al credito, infrastrutture insufficienti e altri fattori rendono difficile qualsiasi iniziativa.

Questi elementi critici sono stati individuati anche dalla Task-Force costituita dal Ministro Passera (e coordinata da Alessandro Fusacchia) per aiutare le start-up innovative.

Il gruppo di dodici esperti selezionati dal Ministro ha mosso i primi passi con una serie di proposte volte a potenziare decisamente il mercato del venture capital italiano e il numero delle start-up innovative .

Il tutto “senza mai a mettere a rischio l’equilibrio dei conti pubblici” come ha specificato lo stesso Ministro dello Sviluppo.

La via per recuperare le risorse  è quella indicata dal presidente del Consiglio Mario Monti: lotta all’evasione, Spending Review, maggior utilizzo dei fondi Ue e coinvolgimento di capitali privati. Basterà a risalire la china?

 

di Giuseppe de Paoli