La Rete, purché qualcuno lassù la ami. E non la censuri

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La Rete, purché qualcuno lassù la ami. E non la censuri

La censura, eterna minaccia e nascosta soddisfazione dello scrittore artista non muore mai. È in fondo una sindrome tra Stoccolma e Stendhal.

Nelle ultime settimane ne è stato accusato Bolloré, il nuovo protagonista bretone di Vivendi e Telecom, portato in audizione per 2 ore dall’authority tv francese Csa.

I giornalisti Canal Plus lo ritengono responsabile di occultamento dei reportage su Credit Mutuel e duello Hollande-Sarkozy.

Di censura sono accusate anche Apple, Twitter e Facebook. C’è la censura religiosa alle statue fiorentine. In Italia molti considerano le norme Agcom sul copyright una minaccia, magari ineffettiva ed inefficace alla libertà.

L’inviato di guerra Capuozzo nel suo Il segreto dei marò parla di notizia secretata relativa alla battaglia tra pirati ed il Nucleo Militare italiano di una petroliera avvenuta nei pressi dei fatti imputati ai due fucilieri di marina.

Il caso forse più eclatante riguarda forse l’esperto di tlc ed ex vicepresidente degli azionisti telecom Maurizio Matteo Dècina, figlio dell’ex Agcom Maurizio, quarantennale profeta della tecnologia italiana.

Nel suo ultimo volume La banda larga, Decina affronta le ultime vicende della neverending story del broadband e del futuro della rete telefonica di Telecom Italia, rimessa con gli stessi termini di vent’anni fa in competizione dal giovane governo renziano con la rete elettrica di Enel il cui parto nelle telecomunicazioni produsse quella Wind presto poi caduta in mani straniere, ultimamente protagonista della fusione russocinese con la 3.

Che molti abbiano cercato di mettere da parte l’analisi di Decina è comprensibile perché l’autore narra di tutte le provocazioni che ha dovuto subire l’azienda (Telecom) negli ultimi anni e non esita a evidenziare che i politici di tutte le specie e di tutte le razze non abbiano mai avuto in simpatia questa azienda.

Oggi solo il mondo associazionistico dei consumatori si è scusato con il management aziendale dei Pascale e Gamberale. Dispiace perchè un tempo era la più grande azienda italiana, oggi è solo una pedina di scambio per interessi trasversali che vanno dalla politica al mondo dei media. Ovviamente tutto ciò ha come unico risultato disoccupazione, mancanza di innovazione e arretratezza delle nostre reti che si trovano in prossimità delle ultime posizioni in Europa.

La banda larga nel riportare direttamente i bilanci di Telecom per l’obiettivo giudizio del lettore, specchia il tempo della svendita a prezzi fuori mercato del patrimonio immobiliare. 

Presentato alla Camera tra Lainutti e Gamberale, con vendite per diverse migliaia di copie è divenuto base della piattaforma dei 5stelle sulle tlc per quanto il guru grillino ragionier Casaleggio sia stato uno dei manager Telecom del periodo colaninniano della prima esplosione dell’indebitamento.

È però sul primo libro Goodbye Telecom-la banda della banda larga di un anno fa che si è scatenata la censura su Decina.

Racconta l’autore Il libro, già recensito sui giornali, doveva essere presentato il 27 Gennaio 2014 in Rai a Presa Diretta di Riccardo Iacona. L’avviso di Marco Tronchetti Provera di un inaspettato atto di citazione per 10 milioni di danni, resa nota la stessa mattina induce l’editore Castelvecchi a ritirare il libro con urgente comunicazione al Tribunale di Milano dello stesso giorno. Strabiliato di quell’atto di citazione, sbagliai a chiedere a Iacona di non andare in onda per precauzione ma il giornalista invitò proprio come ospite solitario in studio Tronchetti Provera. Il ritiro dalla stampa produsse parole durissime dei grillini in commissione trasporti e comunicazioni.

Ora, con il nuovo La banda larga, Decina torna alla carica vincente sugli anni tronchettiani pseudottimali e su quelli bernabeiani della minaccia Telefonica a lungo sospesa su Telecom.

Toccherà presto anche alla nuova era della francese Vivendi che sembra pronta a dare un altro giro di giostra al management del colosso Tlc italiano. Purché qualcuno sulla rete lo ami.

Articolo di Giuseppe Mele