Le professioni del Web 2.0 sono una bufala?

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Nuove Professioni o provocazione mediatica? – Dare un nome ad una nuova professione sembra una gara senza esclusione di colpi a chi si inventa il neologismo più tecno-stravagante del reame. Più il nome della “neo professione” ICT è strano e impronunciabile, maggiore è la sensazione di essere cool. Ma a che serve questo giochino? Certamente è utile per far parlare di se e per incuriosire i media. Ricordo la visibilità ottenuta da una grande azienda della “mitica” Neweconomy sui giornali, e per diverso tempo, per aver detto che tra le sue fila c’era un Felicity manager: il dirigente della felicità! Di trovate simili ogni giorno ne spunta una.

Il Tempo decide – Bisogna stare continuamente all’occhio perché può capitare che, da un giorno all’altro, ti cambiano il nome del tuo lavoro senza nessun preavviso e alla fine non sai più chi sei. La nuova frontiera delle professioni ICT, oggi, va sotto il nome, forse già obsoleto, di professioni web 2.0. Sotto questo “cappello” ci propinano nomi ad effetto un po’ fantasmagorici e spesso dalla durata breve. Ciò non vuol dire, tuttavia, che non esistano le nuove professioni legate al web e alla diffusione pervasiva delle nuove tecnologie nel sistema economico-produttivo.

Ma, la distinzione tra reali nuove professioni ICT e auto-suggestioni nuoviste è determinata dal fattore tempo. Se una definizione di una nuova professione, e ce ne sono diverse, entra nel linguaggio comune per definire una tipologia di lavoro, significa che lì c’è sostanza, altrimenti, come spesso accade, scompare dalla nostra memoria a breve termine e tanti saluti. Tra quelle entrate nel linguaggio comune, ci sono certamente il Community manager, il SEO&SEM Specialist, il Content manager e cosi via. Mentre alcune sono completamente sparite come per esempio l’Evangelist. Definizione suggestiva e da evocazioni mistiche per indicare “il promotore interno” ad una azienda che magnifica sulle proprietà mistiche della Rete.

Ecco un elenco recente – All-Line Advertiser (lo stratega delle campagne di marketing online), Search Engine Optimizer (l’ottimizzatore della visibilità online), Web Analyst (il maestro della navigazione) eReputation Manager (si occupa di monitorare quello la Rete dice dell’azienda) Digital PR (l’architetto delle People Relations) e il Transmedia Web Editor (il creatore dei contenuti cross mediali). Questa nuova sfornata è emersa nella seconda giornata della Social Media Week milanese, evento giunto alle terza edizione, e organizzato da Jobmeeting.

Per capire se queste neoprofessioni tecnologiche siano vere, ossia richieste dalle aziende e dal mondo del lavoro, basta farsi un giro tra gli annunci di lavoro del settore. Ebbene, se qui non si vede nemmeno l’ombra di una richiesta per queste presunte nuove professioni, com’è ovvio, siamo di fronte una panzana tecnoprofessionale. E, ad occhio, sono pronto a scommettere che su molte di queste professioni cosiddette del web 2.0 la solfa sia questa.

 

di Filippo Di Nardo