Massimo Battista – Ingegnere del software

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Nato a Grumo Appula (BA) in un momento di trambusto del 1980.
Laureato nell’autunno del 2005 in Informatica con indirizzo Ingegneria di Software Avanzati e Sistemi Esperti dell’Università degli Studi di Bari. Attualmente svolge il ruolo di Senior Analyst Programmer per Aduno SA, un’azienda nel luganese.
Ama il cinema e la fotografia. Tra le sue passioni: la moglie, i videogiochi e qualsiasi cosa abbia a che fare con un minimo di tecnologia.

L’ultimo social post?
Non sono un amante dei social network, preferisco portali d’informazione tra cui il mio preferito è Tom’s hardware.

L’ultimo video che hai visto su Youtube?
Youtube lo uso tantissimo soprattutto per ascoltare musica ed i trailer di film o videogiochi. L’ultimo potrebbe essere riguardante proprio un videogioco.

Mac, Windows o Linux?
Preferisco Mac tuttavia per il lavoro ed il tempo libero devo ripiegare su Windows.

L’ultimo acquisto online?
Compro ogni cosa online, se potessi farei anche la spesa settimanale. Gli ultimi acquisti sono stati un viaggio per un week end e tutto ciò che mi poteva servire per costruire un HTPC.

Un libro che ha segnato la tua vita?
Non vi è uno in particolare che mi abbia segnato la vita. Ci sono alcuni che per un motivo o per un altro mi sono rimasti nel cuore. Ma parlo di libri letti in epoche ormai passate se devo essere sincero non leggo molti libri.

Quale è stato il progetto lavorativo che più ti ha segnato?
Lo sviluppo di un tool di back office in ambiente Web. Il progetto potrebbe sembrare banale, tuttavia vi assicuro che è abbastanza ampio e complesso. Sia per la complessità delle logiche di business a cui è mirato che per le scelte architetturali su cui è stato progettato.

Quando hai deciso di diventare ingegnere del software?
Durante il corso di studi in Informatica, mi sono reso conto che era l’indirizzo che più rispecchiava le mie peculiarità. Ho scartato l’indirizzo sistemistico e di data mining più per una scelta prettamente personale che di mercato.

Nella tua carriera, ha contato più lo studio (da autodidatta o scolastico-professionale) o l’esperienza pratica?
Entrambi, la pratica è fondamentale ma di giorno in giorno mi rendo conto che la formazione e la scuola di pensiero derivata dallo studio universitario fa la differenza in tante situazioni lavorative. Inoltre il nostro è un campo in cui non ci si può permettere di oziare ma vi è l’obbligo di aggiornarsi continuamente.

Il primo colloquio non si scorda mai: hai qualche curiosità da raccontare?
Il colloquio che non scorderò mai non è stato proprio il primo ma il quarto quello che mi ha permesso di intraprendere la mia attività professionale attuale. Le mie origini sono pugliesi precisamente della provincia di Bari, ma in quel periodo lavoravo già in provincia di Cuneo. Un bel giorno rispondo ad un annuncio di lavoro per lavorare a Lugano. In quel momento non ero auto munito per cui ho dovuto fare una bella gita in treno per arrivare a Lugano. (Ogni volta che lo racconto ha quel non so che di barzelletta)
Eravamo tre candidati: un barese, un russo e un siciliano. Ero il candidato con meno esperienza tra i tre (dato che era passato solo un anno dalla fine degli studi) e sinceramente non vi so dire perché la scelta è ripiegata su di me. Forse ero il più convinto. Io non cercavo solo un lavoro ma un’opportunità per dimostrare quello che avrei potuto fare. Il colloquio si è concluso in pochissimi minuti dopo aver parlato delle mie brevissime esperienze. Dopo quasi 5 anni vi posso dire che da quel momento è iniziata la mia vera carriera professionale. Devo tanto alla persona che mi ha selezionato.

Hai avuto durante la tua carriera professionale un incontro particolare?
Tanti incontri particolari, da colleghi strampalati a dirigenti con strane fisime. Del resto chi appartiene al mondo informatico in qualche modo è caratterizzato da una propria originalità ed un proprio mondo. Ho incontrato tanti geni dal nome sconosciuto ma dal talento immane.

E un’intuizione vincente?
Il mio lavoro è basato su intuizioni vincenti o vi è quella idea propositiva e risolutoria oppure i progetti rimangono tutti incompiuti o senza ragion d’essere. Tuttavia la mia intuizione vincente per antonomasia è sicuramente stata quella di capire che per lavorare con i giusti mezzi e realizzarmi professionalmente dovevo lasciare il mio paese, i miei amici, i miei famigliari e trasferirmi altrove.

Massimo BattistaCosa consigli ai giovani che vogliono diventare Networkers come te?
Sarò banale e poco originale ma il mio consiglio è quello di seguire le parole a suo tempo date da Steve Jobs: “siate affamati, siate folli”. Bisogna essere caparbi e propositivi, bisogna reinventarsi in ogni momento. Quando siamo piccoli è insita nel nostro essere la curiosità e la voglia di esplorare, questa facoltà crescendo scompare. Dobbiamo avere il coraggio di intraprendere strade nuove e nello stesso tempo dobbiamo ingegnarci nel crearle. Filosofia secondo me da adottare in qualsiasi ambito lavorativo.

Internet ha cambiato il mondo del lavoro in Italia. Come?
In Italia internet non ha ancora avuto il ruolo che gli compete. Il mondo del lavoro si è solo affacciato alla finestra di internet, ma vi è veramente un mondo ancora totalmente inesplorato. E’ vero oggi internet fornisce diverse opportunità lavorative da coloro che sviluppano applicazioni web a coloro che trasformano quelle applicazioni in fonte di guadagno. Tuttavia entrambi i fronti sono mondi precari dove non vi è una caratterizzazione ben precisa. Pertanto quelli che io chiamo “spalatori” ossia coloro che effettivamente svolgono il lavoro sono sottovalutati e sottopagati. Inoltre internet dovrebbe anche aprire le porte ad altre forme di lavoro come per esempio il telelavoro ma evidentemente non siamo ancora pronti per un passo simile e come questo ci sono tante strade che non siamo ancora in grado di intraprendere un po per la nostra cultura un po per la mancanza di infrastrutture idonee.

Serve un sindacato dei Networkers? Se sì, come te lo immagini?
Non so se un sindacato possa risolvere i problemi che vi sono. Negli ultimi anni ho visto trattare i programmatori come carne da macello con contratti e stipendi ignobili a fronte di una mole di lavoro non indifferente e questo solo perché non viene riconosciuto il ruolo e non vi è rispetto da parte delle azienda di questa figura professionale. La filosofia che ho visto applicare è “uno vale l’altro”. Ho visto grandi aziende di consulenza informatica rastrellare neolaureati che magari con il mondo della programmazione non avevano avuto nulla a che fare e dopo un corso di formazione di una settimana spostarli su progetti di diversa natura. Più che un sindacato ci vorrebbe una mentalità diversa.

Descrivi la tua professione in modo chiaro e diretto in modo che anche mia nonna possa capirla.
Semplice: In un’azienda o nella vita quotidiana vi è la necessità di rendere automatico o rendere estremamente facili determinate azioni degli impiegati o dell’utente.
Il mio compito è quello di analizzare queste situazioni e di progettare e scrivere programmi che rendano questo possibile.

L’organizzazione ‘classica’ del lavoro (orari rigidi e cartellino da timbrare) ha senso per un networker?
No, assolutamente. Ha senso tenere sotto controllo l’andamento del lavoro svolto tramite incontri regolari. Il mio lavoro può essere svolto in qualsiasi luogo ed in un qualsiasi momento della giornata. Il telelavoro è un’opportunità in questo senso. Altri benefici: un ufficio avrebbe bisogno di spazi più piccoli e non necessiterebbe di tante postazioni quanti sono i dipendenti.

Quanti sono i tuoi amici sui socialnetwork, quanti di questi conosci davvero e quanti frequenti anche “off-line”?
Saranno una ventina e sono solo persone che conosco effettivamente.

Prima di incontrare qualcuno che non conosci fai una ricerca su Google?
Non ho mai incontrato persone conosciute sul web. Se invece si tratta di lavoro direi proprio di sì anzi penso che ormai tutti hanno qualcosa da raccontare sul web quindi risulta sempre più probabile trovare ciò che ci interessa.

di Mario Grasso