Cambiare vita: lavorare meno e vivere meglio

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MILANO –  Un anno a Sidney, in Australia, per ‘formarsi, affermare sè stessa e dimostrare di potercela fare da sola” e poi il rientro in Italia e il lavoro in una importante societa’ informatica.

E’ la storia di Federica Mariani, una delle tante persone che hanno scelto di lasciare una certezza che non soddisfaceva per vivere in modo più semplice, e con meno soldi, per staccare dalla quotidianità e rimettere al centro della propria vita hobby, sogni, aspirazioni.

Una tendenza che sembra in crescita nonostante il periodo di crisi. O forse proprio per quello. La chiamano downshifting (cambiamento verso il basso) ma si può tradurre anche con “scalare la marcia”. La tendenza riguarda giovani e meno giovani che cambiano rotta e mollano mestieri sicuri, ma non appaganti psicologicamente, alla ricerca di nuovi equilibri che tengano in conto non solo il lavoro.

LE RADICI CULTURALI – I riferimenti culturali si rintracciano in filosofi come Jean Baudrillard e André Gorz che teorizzavano la necessità di staccare dalla società dei consumi e di uno stile di vita più semplice, sobrio, ecologico; si trovano anche nel sociologo Serge Latouche, 71anni, che ha avuto una grande popolarità in Italia con la sua teoria della Decrescita (oggi gestisce, in provincia di Torino, una scuola di formazione ad hoc).

I PROTAGONISTI – I Veri protagonisti però sono coloro i quali hanno avuto il coraggio di cambiare. “Prima facevo un lavoro che non mi appagava –racconta Federica Mariani- e le possibilità di progredire erano scarse. Dopo tanti mugugni ho deciso di fare il grande salto e ho comunicato all’azienda la mia decisione di lasciare per un anno di stacco, ma la loro reazione è stata molto dura: mi hanno chiesto di anticipare la partenza e lasciare l’ufficio! La mia voglia d’andare, evidentemente, era diventata un elemento di disturbo”.

“Così -prosegue Federica- ho deciso e sono partita: in un anno ho viaggiato, pensato, incontrato molta gente, fatto esperienze e qualche lavoretto saltuario, per rinvigorire i risparmi che stavo utilizzando. Uno stacco deciso che mi ha permesso di ‘ripulire’ testa e anima. Due anni fa sono rientrata, più forte e più consapevole di prima: ho di nuovo cercato lavoro e ho avuto la fortuna di trovarlo con una società importante”

MICHELA – Percorso inverso per Michela Locatelli che era in Google come account strategist, ma se ne è andata, nell’ottobre 2011, con meta Sidney, per “dare una sterzata” alla sua vita. “Avevo un posto sicuro , un ufficio bellissimo, con ristorante palestra e centro massaggi, però non riuscivo ad afferrare il ‘senso’ di quanto facevo: il pensiero di passare altri anni li mi angosciava. Ho capito di essere pronta a lasciare quando ho superato lo scoglio del “non troverò mai più un lavoro”, rendendomi conto che i risparmi accantonati mi avrebbero potuto aiutare. Ho venduto la mia Ducati, mi sono iscritta a un corso d’inglese e son partita verso Sidney.

”Ora sto bene -prosegue l’ex networker- ho trovato una nuova dimensione e nuovi amici: ho ridotto i consumi – anche se all’inizio non è stato facile- e vivo con meno soldi, accettando anche lavori saltuari, non di concetto. La mia vita oggi è piena, più autentica, densa di significati”.

GIOVANNI –  E’ rimasto, invece, e ha avuto successo con Internet. Giovanni Akbar Memom (papà pakistano e mamma italiana) che con un gruppo di amici, dopo la laurea, aveva deciso di creare un servizio per mettere in comunicazione i tanti in cerca d’occupazione. L’idea era nata, come spesso accade, per risolvere il problema pratico di un amico che aveva perso il lavoro. Poi il gruppo s’è praticamente sciolto ma Giovanni ha tenuto duro con il suo progetto. E’ nato così cambiolavoro.com, il servizio internet dedicato a favorire il “matching” tra domanda e offerta d’impiego, un sito oramai consolidato e molto visitato.

ALESSIA – Un’altra storia di cambiamento è quella di Alessia Fantini, che dopo quasi dieci anni nel settore informatico (un lavoro che le piaceva, sottolinea) ha scelto di lasciare il posto ed essere indipendente. La svolta è avvenuta quando s’è resa conto di non avere prospettive professionali interessanti. E’ così che insieme a un socio, ha deciso di prendere in gestione un bar.

“Lo volevamo a Milano –spiega- ma era troppo caro e abbiamo ripiegato sulla provincia. Abbiamo trovato un locale completamente da ristrutturare, che ci ha fatto sudare sette camicie, però quando abbiamo aperto la gente ci ha accolto molto bene”.

Al bar è stata poi aggiunta una parte gelateria. “Va detto –continua Alessia- che i miei sono sempre stati nel settore gestendo bar e ristoranti: io sono cresciuta in quel mondo. Nel dire addio al vecchio lavoro ho privilegiato la voglia di cambiare e le prospettive di crescita, che prima non vedevo’’.

LE PROSPETTIVE – Che non si vedono, dice Alessia: è questo il vero problema del Paese. Il lavoro che manca, il rischio concreto che le proprie ambizioni non possano trovare riscontro e un diffuso sentimento di disillusione sono lo scenario, forzato, di riferimento per tanti giovani.

Sette giovani su dieci -secondo una recente ricerca di Data Giovani- appaiono preoccupati per la situazione del Paese e per il rischio, molto concreto, di non potersi realizzare professionalmente; oltre un terzo dei giovani interpellati s’è detto disposto a trasferirsi in un altro Paese per cercare nuove possibilita’.

Reinventarsi è sempre più un’esigenza, piuttosto che una libera decisione.

Sul tema vedi: Manuale per cambiare  e scappo dalla citta’ 

 

di Giuseppe de Paoli