Il giornalismo nella Rete

0
733

MILANO – La diffusione dell’uso dei social media ha cambiato il modo di comunicare della nostra società e quindi anche il modo di fare informazione. Il mondo del giornalismo tradizionale e quello della rete sono sempre più intrecciati.

I social media come Facebook, Twitter, YouTube, My Space, Nuto (social network per i medici italiani) sono sempre più diffusi e, grazie al linguaggio diretto e multimediale raggiungono e coinvolgono direttamente un pubblico ogni giorno più ampio.

Twitter ospita normalmente e con regolarità, tantissimi giornalisti (e quasi tutti quelli più conosciuti) oltre a tanti non giornalisti con il dono della sintesi che, non di rado, usano il mezzo molto bene tanto da far sembrare vecchio il giornalismo tradizionale.

Il famoso microblogging è riuscito, nonostante il limite dei 140 caratteri per i messaggi ospitati, nell’impresa di far circolare lunghi reportage e articoli grazie ai tweet con il sommario del tema trattato e il link all’articolo originale.

Aumentano, di giorno in giorno, anche i portali aggregatori di notizie: spazi d’informazione generale come Allblogs.it. o Giornaleblog.it, oppure specifici come www.elezioni.it un nuovo political network che ha esordito 3 settimane fa.

La diffusione dei blog (e dei blogger) con le caratteristiche peculiari di forte personalizzazione e trasparenza, rapporto fiduciario con i lettori, capacità d’aprire all’esterno, ha dato una forte ‘scossa’ al mondo del giornalismo tradizionale.

I blog hanno superato i giornali di carta per numero di lettori, secondo una ricerca commissionata da Liquida a Human Highway. E cresce il numero delle persone che cercano informazione solamente sulla rete.

IL CITIZEN JOURNALISM – Il giornalismo ‘partecipativo’ (dei cittadini) è riuscito a dare importanti indicazioni al giornalismo classico, evidenziando al tempo stesso l’irrinunciabile necessità di interpretare e orientare, qualità tipicamente attribuite ai giornalisti di professione.

In Italia sono molte le iniziative ‘partecipative’ improntate sui principi del citzen journalism: siti come You Reporter, Mondo Libero, Lsdi, Dillinger e molti altri.

Il fenomeno è approdato anche in Rai con la trasmissione Citzen Report ideata, nel 2010, da Giovanni Minoli e. nel 2011, con la trasmissione i Nuovi Mille condotta da Federica Cellini, già collaboratrice di Minoli, che ha fatto ampio uso della collaborazione di blogger e videomaker.

E’ da citare anche l’esperienza dell’Università di Macerata che al citzen journalism ha dedicato un master.

LA WEB TV – E’ un altro settore in grande espansione, realizzato perlopiù da non professionisti sempre pronti a filmare -spesso con scarse risorse tecniche- ciò che accade nelle “piazze”: il vivere quotidiano, i fatti insomma.

Nella sola Lombardia le web tv sono un centinaio, comprese quelle delle istituzioni pubbliche e si tratta in gran parte di esperienze nate dal ‘basso’, come accadeva alle prime radio libere negli anni 70.

La web tv è un’importante risorsa, una opportunità informativa che non sfugge ai politici come dimostra, per esempio, il caso di LookOut Tv, la webtelevision multietnica promossa dall’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli.

INFORMAZiONE SUI TABLET – Aumenta inoltre il giro d’affari generato dall’informazione fruita tramite smartphone, tablet e device connessi (Tv in primis); un settore che nel 2011 è cresciuto del 7% (mentre i media tradizionali hanno registrato un calo del 5%|) e assorbe oramai circa un terzo del fatturato globale della pubblicità.

L’INTERAZIONE – Di fatto stiamo assistendo a una interazione- integrazione (non sempre facile certo) tra i due modi di fare giornalismo: un’ integrazione che, seppur lentamente, e’ destinata ad andare oltre a diatribe e conflitti di vecchia data.

C’è da chiedersi perciò se davvero è stato giusto attribuire alla Rete l’origine della crisi dei giornali (di carta) o se invece. piu’ semplicemente, e piu’ probabilmente, il ruolo del giornalista non era comunque destinato a cambiare.

E soprattutto ci si chiede: quale sarà il futuro per entrambi i modi, tradizionale e nuovo (ammesso che la distinzione possa essere così rigida) di pensare, e fare, giornalismo?

“Quello che conta è che la realtà esiste ancora e va raccontata’’ dicono Massimo Russo e Vittorio Zambardino, giornalisti che da oltre quindici anni lavorano con Internet e sul loro sito ‘eretici digitali’ lanciano una proposta di conversazione tra i due mondi, col presupposto che ‘’se in media sono in crisi certo non c’è da esultare’’ (ereticidigitali.it)

Altri reagiscono e si attrezzano per la nuova situazione: lo fa, per esempio, l’Ordine dei giornalisti della Lombardia che ha promosso numerosi, seguitissimi, corsi di aggiornamento, per esempio sul web 2.0 e sul videogiornalismo, e l’Ordine dei giornalisti della Toscana,

IL FUTURO – Sono solo due esempi ma molto significativi: le reazioni dei giornalisti, infatti, ci aiutano a capire quale sarà il futuro della professione; e queste prime reazioni sono una conferma, per chi ne sentiva ancora bisogno, del fatto che il giornalismo ‘tradizionale’ sta profondamente cambiando, anzi e’ già cambiato.