La sedia vuota della politica on line italiana

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MILANO – Basta guardare le elezioni americane per comprendere come gli investimenti on line della politica internazionale siano sempre in crescita.

Un’analisi sui finanziamenti delle campagne elettorali condotta dal canale televisivo CNN nei primi mesi del 2012 mostra come Barack Obama abbia speso quasi 16,4 milioni di dollari contro i 7,8 milioni di Mitt Romney. E i numeri tendono ad aumentare vertiginosamente con l’apertura ufficiale della competizione.

Questo negli Stati Uniti; in Italia invece la situazione della comunicazione politica sul web offre un quadro molto più complesso per vari motivi.

Secondo una ricerca che ho condotto nel 2011 (scusate l’autocitazione!) sulla consulenza politica in Italia, solo il 5% degli 83 consulenti politici intervistati ha svolto servizi legati al mondo del web durante una campagna elettorale. Se a questo aggiungiamo che i servizi di consulenza più richiesti dai politici italiani sono la realizzazione di sondaggi e focus group, la consulenza generale, la gestione della campagna elettorale e la consulenza per materiale grafico e pubblicitario, si conferma il trend negativo per le spese dedicate alla comunicazione on line.

Considerata la rapida evoluzione dei mezzi informatici e le tante possibilità in termini di fruizione personali delle nuove tecnologie, l’Italia ancora sconta un ritardo, dovuto alla mancanza di infrastrutture e a fattori culrurali, che fa riflettere. Basti considerare i dati di uno studio dell’Ufficio statistico comunitario Eurostat dal titolo “Internet access and use in 2011”. La ricerca evidenzia che in Italia 4 persone su 10, di età compresa tra i 16 e i 74 anni, non hanno mai navigato in internet. A questi dati, bisogna aggiungere le cifre del Censis secondo il quale nel 2011 l’utenza complessiva della televisione – che resta sempre il mezzo più diffuso nel panorama mediatico italiano – rimane sostanzialmente invariata: il 97,4% della popolazione.

Le cause di una rivoluzione web all’italiana che tarda a venire sono sicuramente, e soprattutto, un approccio culturale sbagliato di buona parte della classe politica che vede i cosiddetti nuovi media come un rischio per la propria posizione e non un’occasione per “stare tra la gente” e ascoltare i bisogni e i desideri dei propri elettori.

Un altro problema è la tendenza all’affidarsi al figlio o al nipote per curare i profili sui social network anziché a un team di professionisti della comunicazione politica on line. È vero, spesso e soprattutto nei contesti medio-piccoli, non ci sono molte risorse finanziarie a disposizione. Così può succedere di imbattersi in tristi copia-incolla di comunicati stampa  sui profili Facebook, di politici che hanno 2 o 3 profili personali al posto di una pagina fan, o di trovare gli stessi contenuti postati sia su Facebook che su Twitter, e l’elenco potrebbe ancora continuare.

Sono stati compiuti diversi passi in avanti, non c’è dubbio. Tuttavia, sarà importante considerare il web come uno strumento e non “lo” strumento fondamentale per una comunicazione politica integrata efficace. Sarà un’occasione da non perdere visto i costi molto moderati per la pubblicazione di contenuti on line e una crescente disponibilità delle nuove generazioni (e non solo) nell’apprendere l’utilizzo delle tecniche di comunicazione sul web. Un’opportunità che sta dando i suoi frutti grazie anche all’uso delle tecnologie mobile e delle web tv. Ma resta ancora molta strada fare.

 

di Mario Grasso