Il decreto ‘sbloccacrediti’ ancora rimandato

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MILANO– Oltre 200 mila aziende italiane di tutti i settori in credito con lo Stato; almeno 52 mila aziende fallite nell’ultimo quinquennio, di cui circa un terzo proprio a causa dei pagamenti mancati da parte della Pubblica Amministrazione, che ha cumulato crediti per 90 miliardi (dati BankItalia).

In questa situazione, già di per sé inquietante, è nuovamente slittato il decreto sblocca fondi, annunciato dal Governo per saldare i debiti della PA: i tecnici del Tesoro ancora non hanno deciso come garantire la copertura finanziaria dopo che l’iniziale l’ipotesi di un anticipo dell’aumento dell’addizionale regionale Irpef è stata abbandonata.

Il decreto comunque è stato promesso entro pochi giorni e dovrebbe garantire lo stanziamento di almeno 40 miliardi di euro, tra 2013 e 2014.

Il provvedimento è stato sollecitato in maniera trasversale da tutte le forze politiche unite, stavolta, anche nella richiesta di allentare i vincoli del patto di stabilità (almeno per gli enti locali)

L’edilizia e la sanità sono i settori maggiormente colpiti ma anche l’ICT è pesantemente coinvolto: supera quota 3 miliardi il credito vantato dalla imprese del settore, molte delle quali sono piccole o micro aziende che devono gran parte del loro business proprio alla pubblica amministrazione e senza pagamenti falliscono.

Con un quadro del genere suonano un po’ surreali i richiami ai (giusti) obiettivi dell’Agenda Digitale: la digitalizzazione; gli investimenti per il cloud computing o per le Smart city.

Ora l’emergenza sta nel trovare quei quaranta miliardi promessi (comunque meno della metà del debito statale) ed evitare che altre aziende vadano in fumo (per crediti non per debiti!); occorre allo stesso tempo rispettare i vincoli imposti da Bruxelles che incita a saldare il debito dello Stato verso le imprese (il commissario Ue Olli Rehn lo ha chiesto direttamente a Monti) ma chiede anche di salvaguardare gli impegni presi con la stessa Ue.

Tutto questo mentre l’Italia cerca faticosamente un capo dello Stato e un nuovo governo.

 

di Giuseppe de Paoli