Reputation Manager: uno lo definisce, gli altri lo inventano

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MILANO – Sono i controllori dell’immagine aziendale sul web, i paladini del “buon nome” di personaggi famosi e istituzioni nella rete: i reputation manager ancora si trovano nel mare delle definizioni più disparate.

Se non fosse per il lavoro di classificazione dei profili professionali del web a cura di IWA Italy che definisce il Reputation manager come figura professionale che si occupa di analizzare, gestire e influenzare la reputazione di chiunque (organizzazione o individuo) sia presente sulla Rete e sul Web, oggi si rischierebbe una babele terminologica.

Ecco alcuni esempi concreti che fanno al caso nostro. Per Page Personnel è il Customer Relationship Manager il soggetto che si dovrebbe occupare di brand Awareness & Reputation con una prospettiva di crescita professionale che lo porterebbe a diventare Web Marketing Manager.

Per Page Personnel, il CRM prevede una RAL (Retribuzione Annua Lorda) tra i 22mila e i 35mila euro annui in base all’esperienza lavorativa svolta.

Per Michael Page invece è il Community manager il profilo più adatto al monitoraggio dei clienti sui principali social networks. L’evoluzione del ruolo è quella dell’Online Marketing Manager. La retribuzione è tra i 40mila e i 60mila euro con un’esperienza tra i 5 e i 9 anni.

A conti fatti si affidano compiti di economia e marketing a chi non dovrebbe occuparsene. Competenze che appartengono a profili professionali diversi secondo lo standard definito dall’associazione italiana dei webmaster che si sta occupando di definire le norme UNINFO per le professioni della Rete.

Secondo IWA invece il Reputation Manager ha tra i compiti principali quello di presidiare le conversazioni rilevanti in Rete per la reputazione online sia sui social sia sui siti di news, blog, forum; di individuare ed ingaggiare gli influencers per azioni mirate; di valutare il sentiment online e tutte le altre metriche utili e di gestire i contenuti dannosi per l’individuo/brand, giusto per citarne alcuni.

Un’occasione per inserire in maniera ufficiale nel mondo del lavoro i laureati in scienze umanistiche (Scienze della comunicazione e Lettere in primis), un’opportunità per tutte quelle persone che hanno un alto livello di competenze comunicative a volte bistrattate (e capacità informatiche di base come la gestione di profili business sulle principali piattaforme social e l’utilizzo dei fogli di calcolo) e, soprattutto, la volta buona per definire in maniera precisa una professione e la relativa retribuzione.

di Mario Grasso