Lavoratori della gig economy: dipendenti o autonomi?

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Lavoratori della gig economy: dipendenti o autonomi?

Mentre prosegue il dibattito mediatico sul caso Foodora a Torino e Milano, la discussione su come risolvere i problemi dei lavoratori della gig economy non sembra decollare allo stesso modo.

Alcune interrogazioni parlamentari rivolte al ministro Maria Elena Boschi e al ministro Giuliano Poletti non hanno aggiunto molto, se non il rimpallo del problema alla Commissione Europea (che, a sua volta, aveva già lanciato la palla ai singoli Paesi con una comunicazione) da parte di quest’ultimo.

Il nocciolo della questione – se guardiamo in Italia partendo dal caso Foodora – è di stabilire se i riders sono dei lavoratori subordinati o lavoratori autonomi.

Provando a fissare dei parametri, ragioniamo sul fenomeno generale dei lavoratori della gig economy partendo da tre semplici domande.

Società come Uber o Postmates hanno un minimo di controllo sui loro drivers e corrieri?

Le persone che accettano i lavori su UpWork o Amazon Mechanical Turk sono parte integrante del business e sono economicamente dipendenti da esso?

Foodora o Deliveroo condividono una reciprocità d’impegno con i loro drivers rispettivamente fornendo e accettando il lavoro?

Bisogna farsi queste domande di base perché la maggior parte delle attività della gig economy nega l’esistenza di un rapporto subordinato con i propri lavoratori.

Tutto ciò può portare a un aumento di lavoratori della gig economy inquadrati in maniera imprecisa come lavoratori autonomi.

L’errore di classificazione non solo riguarda la retribuzione dei lavoratori, ma anche le tutele essenziali nei luoghi di lavoro.

In questo senso, si riducono anche le opportunità di iscriversi a un sindacato e avere una contrattazione collettiva.

Mentre le commissioni lavoro e i tribunali internazionali provano a eliminare la zona grigia sullo stato d’impiego, sarebbe opportuno che anche i legislatori italiani si mettano in moto.

A livello internazionale, c’è chi propone – per i lavoratori della gig economy – la categoria intermedia di ‘independent worker’: una via di mezzo tra lavoratore autonomo e subordinato.

La proposta si basa sulla concessione di un numero di benefit e tutele dei lavoratori dipendenti, incluso il diritto di associazione, ma senza protezioni sul compenso orario come una paga base o straordinari.

Altri propongono un quadro di riferimento che consenta alle società della gig economy di stilare un accordo con i lavoratori: controllare l’attività lavorativa in cambio di alcune tutele, oppure lasciare libertà ma assumendosi più rischi.

Queste proposte sono basate sull’assunto – debole – che la gig economy abbia una struttura uniforme.

Come si potrà evitare che una legge per uno specifico settore non complichi le cose mettendo insieme il crowd working (TaskRabbit) con l’on-demand working (Uber)?

In Paesi come il Regno Unito, dove già da anni esiste una terza categoria di lavoratori, i lavoratori più deboli sono spesso esclusi dalle principali tutele del lavoro subordinato come il licenziamento senza giustificato motivo.

Sarà necessario riconoscere lo status di lavoratore subordinato anche per i lavoratori delle piattaforme?

Sicuramente le leggi per stabilire lo stato d’impiego dovranno considerare alcuni adattamenti come l’aspetto temporale del lavoro digitale (si viene pagati dal momento in cui si accede all’app di Foodora, per esempio, o da quando si accetta il lavoro?) e il passaggio da una piattaforma all’altra dei lavoratori.

Questi temi potrebbero essere gestiti in parte anche in Italia con le attuali leggi sul lavoro (per esempio, vedi accordo collettivo sui co.co.co per i lavoratori dei call center).

Nell’incontro-scontro tra il tecno-determinismo e i diritti dei lavoratori, bisogna trovare il giusto equilibrio per riportare il lavoratore al centro del dibattito politico.

Contributo ispirato dall’articolo “The employment status of gig economy workers matters“.

Se volete raccontare la vostra esperienza sulla gig economy o avete bisogno di informazioni e supporto sull’argomento, potete scrivere sul nostro Forum sui diritti del lavoro.