Michel Murabito – Developer

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Michel Murabito - Developer

Michel Murabito (tutti però lo chiamano Mich) ha 32 anni ed è nato a Torino, cresciuto in Sicilia e residente a Milano. Il suo motto è «Never Hesitate» e negli ultimi 18 anni ha studiato programmazione in diversi modi e per diversi ambiti. Gli piace definirsi Sviluppatore Web di giorno e aspirante Supereroe di notte.

Nella vita è Senior Developer in Spindox Labs (la divisione di ricerca e sviluppo di Spindox). La sera e i weekend aiuta altri ragazzi a portare avanti la community GDG Milano, adora partecipare ad eventi community e conferenze. Da qualche anno insieme ad altre persone è tra gli organizzatori del Community Leadership Summit X Italy (CLSx Italy).

Ama ascoltare musica, guardare film e telefilm (ha finito Netflix). Ha ripreso da qualche settimana a praticare tiro con l’arco, adora viaggiare e fotografare il mondo intorno a lui. 

L’ultimo post social

Nel momento in cui scrivo ho appena pubblicato un nuovo articolo per il mio blog che parla prevalentemente di una mia giornata tipo.

L’ultimo video che hai visto su Youtube?

Ho visto questo video che contiene un sacco di cover (fatte nei modi più strani e nerd mai visti) della Marble Machine di Wintergaten.

Mac, Windows o Linux?

Credo che non esiste una risposta assoluta. Molto dipende dall’utilizzo che bisogna fare del sistema. In ogni caso attualmente penso che per la professione dello sviluppatore web i sistemi MacOS siano la scelta migliore.

L’ultimo acquisto online?

Ho acquistato un cubo di rubik professionale, per esercitarmi a fare speed cubing ed una faretra nuova per trasportare le frecce alle lezioni di tiro con l’arco.

Un libro che ha segnato la tua vita?

Direi che L’arte della guerra di Tzu Sun (ne ho lette varie versioni anche applicate a decisioni personali, business e strategia aziendale) insieme a The Jedi Path e Sith Code mi rendono abbastanza equilibrato tra serietà e vita da nerd.

Qual è stato il progetto lavorativo che più ti ha segnato?

Sicuramente il primo, pensavo fosse facile lavorare. All’epoca l’idea era fare le mie ore, scrivere il mio codice e andare avanti. Poi una mattina mi sono svegliato e mi sono reso conto che il team era sottodimensionato. Allora era difficile trovare programmatori validi. Un po’ come oggi, del resto. Il lavoro in team e il progetto, che – in maniera legittima – cambiava spesso, mi hanno fatto capire che fare lo sviluppatore dà un sacco di soddisfazioni ma richiede un sacco di spirito d’adattamento.

Quando hai deciso di diventare Developer?

Per me è stato amore a prima vista. Quando ho iniziato ad avere aggeggi d’altri tempi, tipo il GameBoy o il Sega Mega Drive, ho subito pensato: «ehi, ma c’è qualcuno che crea queste cose per lavoro!» Così mi sono detto che quello era il mio lavoro. A scuola tutti sognavano di diventare calciatore o cantante. Io volevo fare il “Creatore di Videogiochi”.

Nella tua carriera, ha contato più lo studio (da autodidatta o scolastico-professionale) o l’esperienza pratica?

Ho iniziato con i primi programmi stupidi a 14 anni: il classico “hello world”. Penso che studiare senza fare pratica sia inutile. Ma è sbagliato anche provare a caso, senza avere delle basi. Sono assolutamente convinto che senza lo studio, fatto da autodidatta insieme ad alcuni corsi universitari, e senza la possibilità di “sporcarmi le mani” non avrei potuto raggiungere grandi risultati.

Il primo colloquio non si scorda mai: hai qualche curiosità da raccontare?

Ero super sprovveduto, non avevo idea di come funzionasse un colloquio di selezione. Così, dopo una veloce telefonata conoscitiva, mi sono presentato all’appuntamento in jeans, felpa, barba lunga e non sapendo che genere di domande/esercizi aspettarmi. Probabilmente un po’ di pazzia da parte degli esaminatori mi ha fatto ottenere il posto. Tutto sommato, se tornassi indietro, rifarei tutto tale e quale!

Hai avuto durante la tua carriera professionale un incontro particolare?

Solo assolutamente convinto che ogni incontro sia importante, che si tratti di un grande personaggio/programmatore (ho avuto modo ad esempio di conoscere e parlare con Michael “Monty” Widenius o Rasmus Lerdorf) o di chiunque altro. Nella vita spesso ho cambiato lavoro andando in aziende dove conoscevo qualcuno che già lavorava lì. Se dovessi dire quali sono gli incontri più particolari, segnalerei in primo luogo quelli con colleghi o ex colleghi che svolgono ruoli totalmente differenti al mio e da cui si può imparare veramente tanto.

E un’intuizione vincente?

Probabilmente la volta in cui da Developer Junior ho intrapreso una battaglia contro tutti per progettare un sistema in maniera completamente diversa, rispetto all’idea di base. La cosa alla fine si è dimostrata vincente. E, oltre che un bonus, ho avuto una promozione.

Cosa consigli ai giovani che vogliono diventare Developer come te?

Ne avrei così tanti! Ma, a parte i suggerimenti più scontati, direi che le caratteristiche fondamentali di uno sviluppatore (escluse le skill tecniche) sono Costanza (aggiornatevi sempre, leggere e scoprite cose nuove), Sacrificio (se volete diventare bravi non fermatevi alle cose base, sacrificate le cose inutili per migliorare voi stessi), Pazienza (i risultati non sono sempre immediati, siate pazienti) e Network (parlate con le persone, frequentate community e conferenze e non siate timidi). Ho anche scritto un articolo su questo, lo potete trovare qui.

Internet ha cambiato il mondo del lavoro in Italia. Come?

Non siamo sicuramente la Silicon Valley, ma anche in Italia le cose nel nostro settore corrono veloci. Le aziende sono attente ai sistemi informatici e moltissime sono in grado di creare applicazioni e architetture così complesse che ogni tanto io stesso mi stupisco.

Serve un sindacato dei networkers? Se si, come te lo immagini?

Direi che un sindacato serve. Molti di noi lavorano con contratti destinati ad altri settori ed iniziare ad organizzarci come categoria professionale non sarebbe male. Sicuramente, essendo un sindacato per persone che vivono di informatica, lo immagino estremamente semplice, dinamico e connesso.

Descrivi la tua professione in modo chiaro e diretto in modo che anche mia nonna possa capirla.

Nel mondo oltre che le classiche lingue (es. italiano, inglese, francese, tedesco) ne esistono altre, che servono a comandare i computer. Ebbene, io mi occupo di tradurre le richieste e i sogni delle persone in una lingua che i computer possono comprendere e utilizzare.

L’organizzazione “classica” del lavoro (orari rigidi e cartellino da timbrare) ha senso per un networker?

Ho avuto occasione di lavorare sia da remoto sia in ufficio, con team o senza un team distribuito. Personalmente penso che cartellini, orari rigidi o attenzione ai tempi della pause siano un grosso male. Le persone sono più produttive quando sono felici e non hanno preoccupazioni. Arrivare la mattina sapendo di ricevere un rimprovero perché magari la metro ha tardato non è mai il miglior modo di iniziare una giornata. Credo anche che all’inizio della carriera (e per le persone che hanno un carattere simile al mio) lavorare in ufficio la maggior parte del tempo sia la scelta migliore. Il contatto reale con i colleghi resta qualcosa di insostituibile.

Quanti sono i tuoi amici sui social network, quanti di questi conosci davvero e quanti frequanti anche “off-line”?

Attualmente ho 2242 amici su Facebook, 906 su Twitter, 916 su Instagram e 322 su Medium. Non ho mai contato quante di queste persone conosco dal vivo, tuttavia aggiungo (soprattutto su Facebook) solo persone che ho conosciuto oppure con cui capisco fin da subito di avere interessi comuni.

Prima di incontrare qualcuno che non conosci fai una ricerca su Google?

Non sempre. In realtà dipende molto dal motivo per cui devo incontrarlo. Nel caso dei colloqui o di incontri professionali cerco sempre qualcosa online. Il motivo è semplice: se ad esempio stai andando a parlare con un laureato in filosofia che si occupa di recruiting, magari è inutile scendere troppo su dettagli tecnici destinati agli addetti ai lavori.

1 commento

  1. Contenuti sensati. Ma la giovane età dell’autore probabilmente non lo ha ancora portato a constatare come il darwinismo sociale sia negli ultimi anni presente anche nei lavori IT. Aggiornatevi, studiate, leggete… ovviamente nel tempo libero, e per competere nel lavoro con chi ha meno tempo libero per aggiornarsi. 32 anni è ancora presto per scontrarsi con il “ageismo”. Quando le aziende preferiscono persone molto giovani, che mettono più volentieri il lavoro prima della famiglia, a sviluppatori più esperti. Purtroppo, mentre un avvocato o un musicista con 30 anni di esperienza acquista prestigio, uno sviluppatore ne perde. Vedrai caro Michel, ne riparleremo tra una quindicina d’anni… un caro abbraccio.

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