Roberto Castaldo – IT Trainer

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Roberto Castaldo è nato a Napoli nel 1964, ed opera da oltre 25 anni nel mondo dell’ICT, da quando cioè i primi PC iniziavano a far capolino nelle università e da quando per i più fare comunicazione aziendale voleva dire saper impostare sapientemente una lettera commerciale usando una macchina per scrivere. Ed è da oltre 25 anni che il suo lavoro è indirizzato alla divulgazione ed alla formazione, nel cui ambito ha spaziato da argomenti strettamente tecnici (programmazione tradizionale e Web) ad altri più legati alla comunicazione (Web design, usabilità ed accessibilità) ed alle nuove professioni del Web.

L’ultimo social post?
Sul blog del mio libro, http://tantorumorepernulla.it, e riporta una mia riflessione su come il Web sia l’unica “area legata all’informatica” in cui sia concesso l’errore, nel senso che i browser sono gli unici interpreti creati per digerire, se non addirittura correggere, gli errori dei programmatori; il post si spinge un po’ oltre, cercando di intercettare le conseguenze – anche positive – di questa unicità, anche se poi lo scopo principale del mio post è di evidenziare l’importanza degli standard. Sarà comunque facile rendersi conto che la mia attività social non è poi particolarmente corposa e frequente: sono tendenzialmente abituato a postare solo se ho qualcosa di interessante (secondo me) da dire, e sono quasi “fiero” di affermare di essere molto più di quello che la rete conosce di me.

L’ultimo video che hai visto su Youtube?
Recentemente mi sto concentrando su qualche esibizione live dei miei gruppi o artisti preferiti, della mia rock band (suono pianoforte e tastiere), ma anche su video di carattere didattico e divulgativo che posso utilizzare durante le mie lezioni o come spunto per materiale che prima o poi produrrò io stesso. Nelle ultime settimane ho apprezzato molto l’operazione dell’Archivio Storico Luce, anche se potrebbe essere ulteriormente migliorata, per esempio aggiungendo i sottotitoli a beneficio degli utenti con difficoltà uditive.

Mac, Windows o Linux?
Lavorativamente parlando, io sono nato sotto il segno di MS-DOS, e la naturale evoluzione è stata passare a Windows, nel bene e nel male. Ma sono fondamentalmente un curioso, e riconosco per esempio le peculiarità dell’interfaccia iOS, così come apprezzo molto (e ci ho lavorato non poco) la filosofia di Linux, tanto da tradurre dall’inglese all’italiano tre libri su Linux, MySQL ed Apache della serie “in tasca” di Pearson.

L’ultimo acquisto online?
Un’app per il mio iPad, strumento dalle potenzialità davvero pazzesche che sto cercando di utilizzare al meglio in classe, durante i miei corsi ma anche in giro per convegni e meeting!

Un libro che ha segnato la tua vita?
E’ un po’ come quando mi chiedono “che musica ascolti?” ed io rispondo “quando?”, nel senso che ogni giorno ascolto musica diversa. Ma non perchè io scelga la musica o i libri sulla base delle contingenze giornaliere, è esattamente il contrario: io mi abbandono a tutte le forme d’arte in grado di “portarmi altrove” e di regalarmi qualcosa che la quotidianità non riesce a darmi… non adeguo la musica o i libri alle mie emozioni, ma pretendo che siano essi stessi a generarne di nuove.

Ora, rispondendo alla domanda, forse non avrà segnato la mia vita, e di certo non è da annoverare tra i capolavori della letteratura, ma ha avuto il pregio di offrirmi svariate chiavi di lettura e di riflessione, a livello personale e professionale, ammesso che le due sfere siano davvero separate: è la biografia ufficiale di Steve Jobs, a cura di Walter Isacson.

Qual è stato il progetto lavorativo che più ti ha segnato?
Non riesco a fare una classifica, in tanti anni di attività ho spaziato dalla progettazione allo sviluppo, per poi concentrarmi sulla divulgazione, ho tanti bei ricordi e tante soddisfazioni, legati essenzialmente a tutte quelle situazioni in cui sono riuscito a lasciare una mia personale impronta.

Per esempio, nel mese di maggio del 2003 il presidente dell’associazione IWA (International Webmasters Association) Italy mi affidò la direzione del progetto Webaccessibile.org. Per me è stato l’avvio di un’avventura entusiasmante ed istruttiva al tempo stesso, forse la mia esperienza lavorativa (e totalmente volontaria) più pregnante e significativa. Il portale si occupava – e si occupa tuttora – di divulgare tecniche, buone pratiche e raccomandazioni internazionali aventi lo scopo di rendere il Web davvero fruibile da tutti e da ciascuno, indipendentemente da qualsiasi difficoltà di carattere tecnologico o personale, e di spiegare a professionisti navigati o a giovani studenti che il Web appartiene a tutti, e non alla maggioranza.

E mi si è aperto un mondo fatto di problemi enormi affrontati con enorme dignità, popolato da persone con disabilità discriminate o del tutto ignorate anche sul Web, un mondo pieno di ignoranza (non sempre colpevole), di approssimazione, ma anche di voglia di misurarsi con nuove sfide e di rendere il Web un posto migliore per tutti i suoi utenti.

Ed ancora: pochi mesi or sono ho avviato un nuovo progetto – Know Your Social Network – coordinando il lavoro di cinque studenti quindicenni e realizzando un portale (www.knowyoursocialnetwork.org) ed un canale Youtube (KYSNchannel) aventi lo scopo di far comprendere ai ragazzi dai 14 ai 18 anni come funzionano veramente i social network e come utilizzarli in maniera coscienziosa. Sia il portale che il canale YUouTube sono interamente in inglese ed hanno partecipato al contest internazionale Oracle ThinkQuest 2012.

Roberto Castaldo

Quando hai deciso di diventare docente-divulgatore?
Quando mi sono accorto di riuscire a parlare con le persone, e di avere la capacità di trasmettere e di ascoltare (credo siano entrambe doti indispensabili per un insegnante). Ho iniziato appena diciottenne, insegnando dattilografia in una scuola privata della mia città, nella quale all’improvviso arrivò un “grande cassettone bianco”, sormontato da un piccolo televisore a fosfori verdi; era un sistema IBM per il word processing, con tanto di mega floppy disks, ne imparai ogni segreto ed iniziai ad insegnarne il funzionamento… poi arrivarono i primi costosissimi PC, e la passione che scoprì di avere si coniugò alla perfezione con la capacità che avevo di spiegare queste “diavolerie tecnologiche”… a 22 anni avevo già vinto due concorsi pubblici e mi ritrovai con la mia cattedra di “dattilografia, calcolo e contabilità a macchina”… da allora quelle macchine sono cambiate molto, è nato il Web, la mia passione si è evoluta… insomma, la corsa continua.

Nella tua carriera, ha contato più lo studio (da autodidatta o scolastico-professionale) o l’esperienza pratica?
In tutta sincerità, non riesco a separare nettamente lo studio dall’esperienza pratica: per qualsiasi informatico, il fine ultimo dello studio di un linguaggio è la scrittura di codice per la stesura di un programma, l’aspetto teorico e quello pratico si fondono in maniera quasi “carnale”. Ogni mia conoscenza teorica, scolastica, universitaria o acquisita successivamente per conto mio, di qualsiasi livello, ha dovuto prima o poi sporcarsi nella “melma” del codice, quello che ti entra nella testa e che non ti fa dormire di notte perchè non riesci a chiudere un algoritmo.

L’osmosi tra le due fasi è continua, anche nella mia attività di docente e divulgatore, ogni concetto astratto, ogni libro, ogni articolo che leggo dovra’ prima o poi calarsi nella gestione di un’aula, nell’affrontare un uditorio o nella progettazione di un nuovo percorso formativo per un cliente… o nel mio prossimo libro!

Il primo colloquio non si scorda mai: hai qualche curiosità da raccontare?
Nessun ricordo particolarmente esaltante o frustrante; semplicemente, resto alquanto interdetto quando mi trovo di fronte persone già armate di giudizi precotti, magari perchè hanno già fatto ricerche su di me e pretendono quindi di sapere già tutto.

Hai avuto durante la tua carriera professionale un incontro particolare?
Neanche qui riesco a fare delle graduatorie, forse se avessi avuto modo di condividere un po’ del mio tempo con Tim Berners Lee (che ho sentito live durante una teleconferenza al W3C) o con Steve Jobs adesso avrei una risposta migliore. Di certo, ho avuto modo di incontrare molti professionisti ad altissimo livello, la mia speranza è di essere riuscito ad imparare qualcosa da loro.

E un’intuizione vincente?
Il mio lavoro prevede il contatto giornaliero con giovani studenti, tutti appassionati utenti del Web; ed è un vero peccato che fino ad ora la Scuola e l’Università italiane non abbiano pensato a valorizzare questa passione allo scopo di trasformarla in una professione. Studiare ed approfondire argomenti che appassionano è molto più semplice ed appagante, e quando si affrontano fatiche legate a cose che piacciono lo si fa a cuor leggero e di solito con buoni risultati.

Quanti ragazzi si allenano a correre dietro ad un pallone anche sotto la pioggia “solo” perchè amano giocare a calcio? E quanti di loro sarebbero felici di instradare le loro fatiche scolastiche ed universitarie verso il mondo del Web? Io credo che sarebbero davvero tanti e che questa sia una strada da percorrere con forza e convinzione, per dare a migliaia di giovani studenti la giusta motivazione nell’affrontare studi non semplici, ma in grado di regalare loro una lunga ed appagante vita professionale.

Ed io, nel mio piccolo, sto provando ad inseguire questa mia convinzione, anche grazie alle attività che svolgo con l’associazione IWA Italy, legate alle nuove professioni del Web.

Nel luglio 2010 IWA Italy ha pubblicato – dopo quattro anni di lavoro coordinati dall’amico Pasquale Popolizio – 17 profili professionali con relative abilità e competenze, che ho avuto il piacere e l’onore di presentare in tanti convegni ed in tanti gruppi di lavoro, tra cui al CEN di Bruxelles, e all’UNI qui in Italia; la mia intuizione è stata chiudere il cerchio con la Scuola Pubblica, nel senso che – grazie alla lungimiranza della Dirigente Scolastica Rosanna Genni dell’ISIS Europa di Pomigliano d’Arco – ho favorito la nascita di un nuovo corso di studi secondari superiori, l’indirizzo professionale “servizi commerciali per le communities online“. Il risultato di quest’iniziativa è che da settembre 2012 prenderanno vita quattro prime classi (circa 100 alunni), le prime in Italia ad affrontare un nuovo percorso didattico, interamente riadattato sulla base del profilo professionale di IWA Italy “Web community manager”, percorso che prevede – nei cinque anni di corso – anche la certificazione da parte di IWA Italy delle competenze acquisite.

Cosa consigli ai giovani che vogliono diventare “docente-divulgatore” come te?
Internet ed il Web sono cambiati molto dalla loro (recentissima) nascita, diversi livelli di complessità si sono stratificati ed hanno radicalmente modificato il vecchio, semplice Web dei pionieri. Oggi, a differenza di qualche anno fa, la Rete mal digerisce i cosiddetti tuttologi, coloro che, pretendendo di saper fare tutto, finiscono col non saper far bene un bel niente. Oggi bisogna specializzarsi e scegliere una strada precisa da seguire, il mercato chiede sempre più specialisti e non factotum.

Detto questo, mi sento di suggerire tre cose ai giovani: studiare, studiare ed infine studiare. Si deve studiare quanto più possibile a scuola e all’università, cercando per quanto possibile di scegliere il percorso formativo che meglio si avvicina ai propri gusti e ai propri talenti. E poi si deve studiare approfondendo da soli, essendo curiosi, interrogandosi ed interrogando, aggiornandosi, provando e riprovando, accumulando non solo conoscenze ma anche competenze; non basta sapere, oggi bisogna saper fare. Infine, credo sia indispensabile studiare anche il miglior modo di presentarsi agli altri, come interagire in maniera attiva e propositiva con le altre persone senza per questo mascherarsi.

Internet ha cambiato il mondo del lavoro in Italia. Come?
Internet ha cambiato il mondo del lavoro in tutto il mondo, non poteva non accadere anche qui in Italia. Anche se, bisogna ammetterlo, anche stavolta l’Italia sconta i soliti quattro-cinque anni di ritardo, appesantita com’è da una burocrazia asfissiante, dal terrore che ancora in troppi patiscono quando si parla di Web e da grosse tare infrastrutturali e culturali ben lungi dall’essere colmate.

Tante volte, per esempio, mi è capitato di essere invitato a parlare di Web in seminari e convegni, se non addirittura in corsi di più giorni, e di ritrovarmi senza la connessione ad internet!

Internet è un’occasione gigantesca per tutte le aree produttive del nostro paese, il nostro paese dovrebbe accorgersi che il Web è una via concretamente percorribile

per la rinascita, a patto che si decida finalmente di adeguare mentalità e strutture in tempi rapidi. Evidentemente la sfida è tutta incentrata sull’aspetto culturale, visto che tecnologia, industria, scuola, università e mondo del lavoro dipendono in maniera profonda dal rinnovamento culturale che stiamo aspettando e promuovendo da tanto tempo!

Serve un sindacato dei Networkers? Se sì, come te lo immagini?
Sono tendenzialmente contrario ad ogni forma di associazione che rischi di trasformarsi in casta o in corporazione, e la tentazione potrebbe essere concreta. Credo inoltre che il Web non sia un mondo a parte, un mondo parallelo, ma faccia a pieno titolo parte della nostra realtà quotidiana, arricchendola di nuovi spunti ed opportunità.

Il mondo del lavoro deve accorgersi del Web ed aggiornare i propri modelli di riferimento, così debbano fare anche i sindacati, magari anche quelli che esistono già.

Quel che mi sta davvero a cuore è che finalmente si smetta di assumere gli informatici col contratto dei metalmeccanici, ma per far questo servono nuovi modelli di riferimento, basati sulla definizione e condivisione di nuovi profili professionali. E per i networkers esistono dei nuovi profili, quelli individuati da IWA Italy di cui parlavo prima e che hanno già guadagnato diversi riconoscimenti, in Italia ed in Europa; ora si tratta di diffonderli, magari di potenziarli, e di fare in modo che possano rappresentare un riferimento comune, unitario e condiviso, certamente anche a livello sindacale.

Descrivi la tua professione in modo chiaro e diretto in modo che anche mia nonna possa capirla.
“Non serve regalare pesce, bisogna insegnare a pescare!”. Ecco, io per lavoro insegno a navigare e a pescare nel mare dell’informatica e del Web, facendo anche attenzione che chi mi sta di fronte abbia la giusta canna da pesca.

L’organizzazione ‘classica’ del lavoro (orari rigidi e cartellino da timbrare) ha senso per un networker?
La rete ha ridisegnato molti di quelli che una volta erano considerati punti fermi nella gestione individuale e collettiva degli orari e delle mansioni. Il concetto stesso di “territorio” è stato del tutto destrutturato. Evidentemente il networker è per propria natura e mentalità del tutto svincolato da orari e cartellini, ma questo richiede all’individuo la capacità di organizzarsi e gestirsi, cosa che non sempre si verifica. Purtroppo però esistono ancora tante organizzazioni rigidamente legate a modelli organizzativi che mal digeriscono la flessibilità.

Quanti sono i tuoi amici sui socialnetwork, quanti di questi conosci davvero e quanti frequenti anche “off-line”?
Su Facebook ho circa cinquecento “amici”. Molti? Pochi? Si tratta di colleghi, ex alunni, ex compagni di classe e conoscenti in genere. In ogni caso si tratta di persone che conosco (oppure ho conosciuto) per lavoro, persone con cui – almeno per qualche attimo – ho incrociato lo sguardo. Non mi attrae la collezione di amici, anzi devo confessare che la scelta di Facebook di chiamare “amici” i contatti mi infastidisce un po’; io riesco ancora a dare il giusto peso all’amicizia vera e a distinguere tra “amici” di Facebook e amici autentici (mi basta una mano per contarli), ma sono preoccupato dell’impatto che in generale questi strumenti possono avere su coloro che risultano sprovvisti di “difese immunitarie”, cioè i cosiddetti nativi digitali, che in realtà sono soprattutto ignoranti digitali, visto che usano in maniera intensiva e quotidiana strumenti dei quali ignorano completamente il vero funzionamento, il modello di business e i rischi. Su questi delicati temi sto indirizzando parte delle mie attività divulgative, con particolare riferimento agli studenti di Scuola Superiore.

Prima di incontrare qualcuno che non conosci fai una ricerca su Google?
Mai,

Se no, perché?
Perché sono interessato alla persona, non alla sua immagine in rete. A meno che non debba in qualche modo giudicare proprio quello, cioè come questa persona utilizza la rete e le sue risorse, ma generalmente questo è uno step successivo. Le persone vanno conosciute di persona.

 

di Mario Grasso