MILANO – L’Italia alla ricerca di progresso e innovazione. Con luci e ombre. Il Cnel e l’Istat presentano il BES 2013 (Benessere Equo e Sostenibile), ricerca che pone l’Italia all’avanguardia nel panorama internazionale in tema di sviluppo d’indicatori sullo stato di salute di un Paese, che vanno oltre il Pil.
Se da un lato questa ricerca approfondisce, e premia, le tecniche di analisi del sistema Italia, dall’altro i risultati non sono incoraggianti: soprattutto in ambito ICT.
Il capitolo 11 del BES 2013 dal titolo “Ricerca e innovazione” si basa su indicatori di ricerca che fanno riferimento a tre dimensioni della conoscenza: creazione, applicazione e diffusione.
I sette indicatori di ricerca scelti sono i seguenti: intensità di ricerca, propensione alla brevettazione, incidenza dei lavoratori della conoscenza sull’occupazione, tasso di innovazione del sistema produttivo, tasso di innovazione di prodotto/servizio del sistema produttivo nazionale, specializzazione produttiva nei settori ad alta intensità di conoscenza, intensità d’uso di Internet.
In linea generale l’Italia è distante dagli altri Paesi europei in tema d’innovazione, in particolare sulla ricerca e la brevettazione.
Qualche segnale positivo per la propensione all’innovazione delle imprese ma l’impegno dei privati, in tal senso, seppur in crescita, è ancora lontano dagli obiettivi di Europa 2020, ovvero la strategia per la crescita dell’Unione Europea.
I settori ad alta tecnologia sono tra i più bassi in Europa. Per quanto riguarda la diffusione della conoscenza tecnologica, e dell’uso di Internet nello specifico, ci sono segnali preoccupanti. Se è vero che l’utilizzo della rete è aumentato in questi ultimi anni, il divario digitale vede ancora sfavorito il Mezzogiorno, gli anziani, le donne e le persone con bassi titoli di studio. Cosa ancora più preoccupante è che i risultati al momento non mostrano spunti di miglioramento.
Su questo quadro generale, Cnel e Istat concludono il rapporto sull’innovazione e la ricerca con una riflessione sulla fuga dei cervelli. Secondo i due enti nazionali è allarmante per il nostro Paese che molti giovani qualificati siano costretti a emigrare o non abbiano la possibilità di ritornare in patria dopo un periodo di studi o lavorativo all’estero per mancanza di lavoro.
di Mario Grasso