Scuola, ICT e nuove tecnologie

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Reggio Emilia – Coniugare scuola e mercato del lavoro, utilizzare le nuove tecnologie per mettere al centro l’alunno e il suo apprendimento. E’ possibile, non solo a parole. Siamo al Blaise Pascal di Reggio Emilia (www.pascal.re.it), istituto a sperimentazione permanente, con 4 indirizzi.

Una sperimentazione che non si esaurisce in qualche progetto o laboratorio, ma investe completamente l’essere stesso della scuola, la sua componente essenziale e fondante: la didattica. Al Pascal le nuove tecnologie sposano un nuovo modello di scuola, dove alla lezione frontale tradizionale si sostituisce una didattica laboratoriale per problemi e progetti. “Le nuove tecnologie offrono grandi vantaggi – spiega il Dirigente di Istituto, il prof. Marco Incerti Zambelli – primo tra tutti l’assoluta coerenza con i modelli di vita e gli stili di apprendimento dei ragazzi. Il mero inserimento delle tecnologie non porta de sé reali cambiamenti: la condizione necessaria perché questi strumenti facciano veramente la differenza sta nel cambiare radicalmente la didattica, che deve essere centrata sull’alunno. I ragazzi devono essere coinvolti. Se restano strumenti nelle mani dei docenti e non supportano lo sviluppo di una didattica progettuale, allora il loro ruolo resta molto limitato.”

I ragazzi del Pascal infatti non si limitano a fruire lezioni dispensate da docenti in cattedra, ma lavorano su problemi e progetti, cercando soluzioni, sviluppando progetti, costruendo attivamente le loro competenze e il loro sapere. L’informatica la fa da padrona: insegnata fin dal Biennio Formativo e Orientativo, è ripresa e approfondita nel triennio Professionalizzante, declinata in base agli obiettivi curricolari dei diversi indirizzi. Con una differenza: non è più roba da laboratorio, chiusa in uno spazio circoscritto e fruibile una o due volte alla settimana. Il computer e le nuove tecnologie sono alla base della “rivoluzione copernicana” in atto al Pascal, strumento essenziale di lavoro per i ragazzi.Portare a termine un lavoro di gruppo da casa si può fare anche senza essere fisicamente insieme: si lavora in cloud computing e il professore segue il work in progress e l’apporto di ciascuno. A lavoro ultimato si relaziona e ciascuno sarà valutato in base al contributo dato al gruppo, alla partecipazione, alla qualità della propria relazione. Fine dell’interrogazione e del compito in classe, strumenti di valutazione statica, non più adatti a valutare il percorso dinamico di sviluppo delle competenze dei ragazzi.

Punto di partenza è sempre l’osservazione del mondo attuale: che senso ha formare figure professionali iperspecializzate in un mondo flessibile e in costante mutamento? Ciò che il mondo del lavoro chiede è flessibilità, capacità di adattamento e soprattutto di evoluzione costante. Insomma, una sorta di isola felice nel mare delle difficoltà della nostra scuola, tuttavia anche qui le ultime riforme in materia di istruzione hanno avuto i loro effetti. “Con l’entrata in vigore della riforma Gemini – racconta ancora Zambelli – la nostra scuola si é trovata a vivere un momento di transizione, in quanto siamo stati costretti a entrare in un percorso ordinamentale che ha reso più complessa la sperimentazione, anche se stiamo facendo di tutto per non perdere la nostra struttura e la nostra specificità, aiutandoci con le possibilità date dall’autonomia. Il problema non sono tanto i tagli – prosegue – quanto l’impoverimento dell’Offerta Formativa che la riforma della Scuola Secondaria Superiore e in particolare degli Istituti Professionali ha comportato.”

Riuscire a mantenere il proprio statuto è importante soprattutto per non perdere gli effetti positivi riscontrati: fino a due anni fa, prima della riforma, gli studenti che nel biennio abbandonavano gli studi erano circa il 7-8% a fronte di un tasso di dispersione di circa il 25% negli altri istituti professionali. Non solo, ma del 40% degli studenti che non proseguivano gli studi, il 90% entrava subito nel mondo del lavoro, mentre molti dei ragazzi che decidevano di proseguire portavano avanti delle collaborazioni con alcune aziende del settore ICT.

“Certo, la crisi degli ultimi anni si comincia a sentire anche da queste parti – ammette Zambelli – ma comunque, secondo quanto ci è stato riferito da un consorzio di piccole aziende che operano nel settore ICT di Reggio Emilia, la richiesta del mondo del lavoro qui continua ad essere più alta rispetto al numero dei diplomati.”

 

di Margherita Serra