Alessandra Farabegoli – Web strategist

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Classe 1965, una laurea in biologia che le ha insegnato un metodo di analisi della realtà, l’interazione fra i diversi livelli organizzativi dei sistemi, la fragilità degli equilibri dinamici, un percorso professionale che si è snodato fra l’informatica e la formazione per arrivare al marketing su Internet. Ha creato il primo studio web alla fine degli anni ’90, fondendolo poco dopo in un’agenzia, la Wafer, che è diventata in breve tempo una realtà di riferimento in Romagna.

Alla fine del 2009 ha deciso di rimettersi in gioco come freelance, dedicandosi completamente alla consulenza strategica sul digitale. Viaggiatrice, tanguera, grande lettrice, ha fatto un figlio a 40 anni e lotta per la liberazione dei bambini dalle ansie di una società iperprotettiva (e per la liberazione dei genitori dalle paranoie della stessa).

L’ultimo social post?
Ho raccolto nel mio blog alcune delle domande su Facebook che mi vengono fatte da clienti, corsisti, frequentatori del mio blog.

L’ultimo video che hai visto su Youtube?
Chaiyya Chaiyya, un trascinante bollywood song di cui mi sono innamorata quando l’ho sentito a BTO2010, dove lo usavano come stacco sonoro fra un intervento e l’altro. Piace tantissimo anche a mio figlio, che ogni tanto mi chiede di cercarlo così lo ascoltiamo e balliamo insieme.

Mac, Windows o Linux?
Mac, senza fanatismo. Ho usato Windows per anni, ho comprato il primo Mac nel 2004 per ragioni di immagine, ne apprezzo comodità ed estetica ma non sono una cieca seguace della religione della mela. Per i server, ovviamente, Linux forever.

L’ultimo acquisto online?
Carta fotografica per stampante laser (ormai qualunque cosa mi serva, guardo se c’è su Amazon) e, ieri, un paio di scarpe su BuyVip.

Un libro che ha segnato la tua vita?
Troppi per elencarli tutti, sono sempre stata una lettrice famelica, e continuo ad esserlo – oggi più su Kindle che su carta. Fra i più importanti e letture dell’adolescenza, “L’opera al nero” di Marguerite Yourcenar, “Se questo è un uomo” di Primo Levi, “Una stanza tutta per sé” di Virginia Woolf. E, prima ancora, Pippi Calzelunghe, un role-model tuttora perfetto.

Qual è stato il progetto lavorativo che più ti ha segnato?
Sicuramente gli otto anni passati alla guida di Wafer mi hanno fatto sperimentare molti ruoli, e crescere non solo dal punto di vista delle competenze tecniche, ma soprattutto nella capacità di gestire progetti e persone. Però ogni nuovo progetto mi appassiona, e quelli che sto seguendo in questo momento hanno ciascuno un motivo per farmeli amare.

Quando hai deciso di diventare web strategist?
Mi occupo di Internet dalla fine degli anni ’90, e da sempre l’aspetto che mi interessa di più non è tanto la tecnologia o l’immagine, ma l’integrazione delle opportunità del digitale nelle strategie di business. Quando ho deciso di lasciare l’agenzia, alla fine del 2009, è stato proprio per potermi dedicare interamente alla consulenza strategica.

FarabegoliNella tua carriera, ha contato più lo studio (da autodidatta o scolastico-professionale) o l’esperienza pratica?
Lo studio, sia quello scolastico sia la formazione continua di tutti gli anni successivi, attraverso corsi, letture, indagine personale. Se ti butti a smanettare senza un metodo, senza sapere come analizzare, come cercare, improvvisi e fai dei guai.

Il primo colloquio non si scorda mai: hai qualche curiosità da raccontare?
Uh, stiamo parlando di qualche secolo fa! Ad uno dei primi colloqui che feci, mi chiesero segno zodiacale e ascendente, e penso di essere stata scartata per ragioni astrologiche. Decisamente meglio così, non avrei mai potuto trovarmi bene in un’azienda dove le scelte venivano fatte in base a certi criteri…

Hai avuto durante la tua carriera professionale un incontro particolare?
Fra tutti, quello con Mafe De Baggis, che ho conosciuto quando l’ho invitata a parlare a un evento che avevo organizzato. Mafe mi ha incoraggiata a credere che è possibile una strada “umana” al nostro lavoro, da percorrere con eleganza e leggerezza.

E un’intuizione vincente?
Capire che la trasparenza è la condizione necessaria per una reale collaborazione. Vale quando si guida un team, ma anche quando si comunica come azienda. Anche convincermi che potevo permettermi di fare “a modo mio”, nonostante i consigli di persone (in apparenza) più esperte di me.

Cosa consigli ai giovani che vogliono diventare web strategist come te?
Imparate un mestiere, un mestiere vero. Il web è uno strumento, se non ci mettete dentro conoscenza “reale” è un guscio vuoto.

Internet ha cambiato il mondo del lavoro in Italia. Come?
Internet è un formidabile attivatore di opportunità, consente alle persone di trovare informazioni, partnership, idee. Per chi è in grado di usarla (e sa leggere, scrivere e far di conto), è un’opportunità strepitosa. Per chi si siede e aspetta la pappa cotta, è la condanna a morte per inedia.

Serve un sindacato dei Networkers? Se sì, come te lo immagini?
Odio il termine “sindacato”, che oggi in Italia è sinonimo di conservazione e battaglie di retroguardia. Credo ci sia bisogno di far sentire la voce dei networkers (Acta in Rete sta iniziando a farlo) proprio per evitare che i lavoratori indipendenti siano ignorati da governi che ascoltano solo sindacati e associazioni di categoria.

FarabegoliDescrivi la tua professione in modo chiaro e diretto in modo che anche mia nonna possa capirla.
Aiuto le aziende a capire come modificare il proprio modo di lavorare per usare al meglio le opportunità di Internet. Questo significa, in pratica, esaminare il loro sito web, capire come migliorarlo, insegnare loro a comunicare in modo efficace con la posta elettronica e i social network, aiutarle a migliorare la propria organizzazione usando bene gli strumenti della rete.

L’organizzazione ‘classica’ del lavoro (orari rigidi e cartellino da timbrare) ha senso per un networker?
No, ma è necessaria autodisciplina e sapersi dare un’organizzazione da soli per non farsi travolgere.

Quanti sono i tuoi amici sui socialnetwork, quanti di questi conosci davvero e quanti frequenti anche “off-line”?
Ormai non faccio più distinzione fra online e offline, e online ho conosciuto persone che sono diventate carissimi amici. Spesso ci vediamo anche offline, e avere la rete per organizzarci è una gran comodità.

Prima di incontrare qualcuno che non conosci fai una ricerca su Google?
Certo, e non solo su Google, lo cerco anche sui social network per farmi un’idea di chi sia, dei possibili contatti comuni, di quel che ha fatto e di “come” lo ha fatto.

 

di Mario Grasso