Le imprese italiane non credono nella formazione professionale

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MILANO – Oltre 7,5 milioni di persone, di cui 4,8 milioni sono casalinghe, non partecipa ad iniziative di formazione ed è anche esclusa, per scelta o per condizione socio-demografica, dal mercato del lavoro: sono persone con bassa scolarità, pensionati e casalinghe.

È quanto emerge dal XII Rapporto sulla formazione continua realizzato dall’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori.

IL REPORT – rileva che nel 2010-2011, ultimo periodo censito sono state 1 milione e 600 mila le persone che hanno partecipato a iniziative di formazione: si tratta del 6,2% della popolazione adulta (tra i 25 e i 64 anni) una percentuale più bassa rispetto a quella media, del 9,8% registrata nei paesi UE.

I dati italiani sono ancor più bassi se confrontati con quelli dei Paesi del Nord Europa: in Svezia si sfiora il 25%, nel Regno unito il 20%.

Però il dato che colpisce di più e il numero di persone escluse per scelta o per condizione socio-demografica, dal mercato del lavoro: “Anche se – commenta Aviana Bulgarelli, Direttore generale dell’Isfol – la conoscenza approfondita delle professionalità e delle competenze richieste dal mercato del lavoro permetterebbe di orientare le persone verso azioni formative in grado di coniugare le competenze possedute con quelle richieste dalle imprese”.

LE RISORSE FINANZIARIE – L’ammontare di fondi pubblici e privati per la formazione continua dei lavoratori è oggi pari a circa 5 miliardi di euro l’anno, di cui un miliardo messo a disposizione dal Fondo Sociale Europeo, dalle leggi nazionali (legge 236/93 e legge 53/00) e dai Fondi Paritetici Interprofessionali.

È un importo significativo anche se inferiore rispetto a realtà produttive meno estese come quella spagnola (oltre 1,1 miliardi di euro gestiti dalla sola Fundación Tripartita) o simili come la Francia (circa 2,3 miliardi gestiti dai soli organismi paritari Opca e Opacif).

I FONDI PARITETICI – Il rapporto rileva una crescita d’interesse, da parte delle imprese, verso le opportunità offerte dai fondi paritetici interprofessionali (attualmente ne sono attivi 20), che rappresentano lo strumento finanziario più ricco dedicato alla formazione continua: da li arrivano circa circa 500 milioni di euro l’anno.

I piani formativi finanziati dai Fondi Paritetici sono stati, in prevalenza, collegati alla competitività d’impresa e all’aggiornamento delle competenze dei dipendenti. Più del 50% delle iniziative si è concentrata sul rafforzamento delle competenze d’interesse generale (informatica e lingue) e sulla formazione per la sicurezza.

I LAVORATORI ESCLUSI – Però, benché i provvedimenti di contrasto alla crisi abbiano reiteratamente consentito ai Fondi di allargare il loro intervento anche ad altre tipologie di lavoratori (apprendisti, atipici e lavoratori in Cig e Cigs) il peso della formazione in questi ambiti è ancora, “del tutto residuale” come rileva la stessa Isfol.

“Un’azione tesa a recuperare nel mercato del lavoro tale target – conclude l’Isfol – necessiterebbe in primo luogo di interventi sia rivolti a valutare le competenze già in possesso delle persone sia di tipo rimotivante e orientativo”.