ICT: la Grande Coalizione Europea recluta farfalle?

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ROMA – La Commissione Europea ha annunciato una Grande Coalizione europea per soddisfare un fabbisogno di 900mila posti di lavoro per l’economia digitale.

Una buona notizia per il rilancio dell’economia del vecchio continente.

Il sorriso viene meno alla notizia della chiusura della joint venture ST-Ericsson e a quella dell’arrivo di ‘tagli’ del personale in Alcatel-Lucent, in Vodafone e in Deutsche Telekom.

Nell’ambito ICT, si alternano continuamente prospettive ottimistiche a notizie negative.

Info provider come Boston Group Consulting, la stessa Google e molti politici, ripetono che l’economia Internet fa guadagnare posti di lavoro e che la digitalizzazione comporta un aumento del Pil.

Una convinzione paraideologica, in cerca spasmodica di dati che la confermino.

L’Europa crede che il suo benessere dipenda dal creare la prima società dell’informazione.

Come ai tempi di Delors e Wolkenstein, per Bruxelles la semplice ricerca dell’obiettivo consisterebbe nella sua realizzazione, trascurando la necessità di condizioni strutturali da soddisfare.

E così, ciclicamente, scatta la leggenda di milioni di posti di lavoro digitali.

Il desiderio della politica si mischia con la naturale tendenza all’autopromozione dell’economia del web che, essendo un tutt’uno con il mercato pubblicitario, identifica il proprio progresso con quello generale.

La filiera delle tlc è molto vasta: va dalle infrastrutture di rete, agli apparati e servizi, ai terminali, al software, alle telco, ai call center fino ai sistemi di vendita.

Il sistema digitale ancor più vasto comprende anche l’elettronica, l’hardware, il metalmeccanico informatico, oltre che la pubblicità e la finanza on line, i contenuti digitali (libri, press, film, infoproviding, open data) i sistemi di governo elettronico, i social network.

In quaranta anni ognuno di questi sub settori ha avuto il suo momento di grande domanda.

Oggi tocca all’economia web 2.0, all’industria 4.0 e alla turbo finanza on line, quella che usa le magnifiche possibilità di allocare, in tempo reale, soldi ovunque, creando fondi sempre più grandi.

Una finanza che cresce esponenzialmente a svantaggio della produzione. Infatti, mentre aumenta la domanda di lavoro per cloud e web e mentre l’economia digitale rappresenta, in senso lato, il 75% dell’intera economia, negli ultimi tredici anni l’occupazione nelle Telco nei vari paesi occidentali è calata tra -1% e -10%.

L’occupazione continua a diminuire notevolmente, in Europa (e in Occidente) anche nei semiconduttori, nel meccanico Ict, nell’elettronica, nell’hardware, nell’It.

Un quadro contraddittorio, in cui il digitale non può essere eletto a salvatore del lavoro, soprattutto in un’Europa che non ha sistemi decisionali rapidi, non controlla la turbo finanza, consuma più che produrre tecnologia.

Per far crescere l’offerta di lavoro ICT, l’Ue dovrebbe non solo sensibilizzare i cittadini, ma offrire stipendi più alti; e può farlo solo in parte perché la cosa dipende soprattutto da multinazionali e over the top.

Ci vorrebbe sì una grande alleanza rivolta però alla produzione tecnologica, non al “reclutamento”, ma questa è un’altra storia, rispetto a quella che stiamo vedendo.

di Giuseppe Mele