Piano Lavoro: quanti posti creerà?

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MILANO – Si tratta di “cifre modeste” per il leader degli industriali Squinzi ed effettivamente questi soldi in sè non saranno risolutivi del problema, ma comunque i fondi pro occupazione per l’Italia sono stati triplicati e non è poco.

Il presidente del Consiglio Enrico Letta è uscito dal vertice Ue di giovedì e venerdì scorso radioso, visto il notevole risultato ottenuto: 1 miliardo e mezzo di euro per creare lavoro in Italia, contro i 5-600 milioni ipotizzati inizialmente.

Ora si passa alla ‘fase 2’ e occorre decidere come spendere al meglio questi soldi. Il governo ha già messo sul piatto, prima del vertice UE, un ‘pacchetto’ che comprende notevoli sgravi contributivi per le assunzioni degli under 30 e ha approvato lo stanziamento di 2 milioni di euro destinati alla formazione dei disoccupati oltre i 50 anni di età.

Sono inoltre in arrivo provvedimenti per incentivare l’assunzione di lavoratori disabili.

A questi provvedimenti si aggiungono le potenzialità derivanti dai fondi Ue.

Va detto -e lo ha ricordato l’economista Tito Boeri- che se anche tutti i fondi disponibili andassero a buon fine creando effettivamente nuova occupazione, saremmo comunque ben lontani dalla cifra, annunciata da Letta nei giorni scorsi, di 200mila nuovi posti di lavoro.

Ma un primo passo è stato fatto e altri fondi Ue potrebbero arrivare -entro un paio d’anni- se l’Italia avrà dimostrato di sapere usare bene i primi stanziamenti.

Inoltre il Bel Paese è uscito dal vertice UE con la conferma della chiusura della procedura d’infrazione per deficit eccessivo e una rinnovata credibilità. Un risultato non da poco, che Letta dovrà giocarsi al meglio, con tutto il Governo, a partire da oggi.

Non ci convince però l’enfasi dedicata alla notizia dei nuovi finanziamenti europei: non si deve dimenticare, infatti, che già l’anno scorso, a giugno, il vertice dell’UE s’era chiuso con l’annuncio di un piano per lo sviluppo e per contrastare l’emergenza lavoro.

Negli ultimi dodici mesi però i disoccupati non sono diminuiti, anzi sono ulteriormente aumentati.

di Giuseppe de Paoli